RIFORME

Province, un passo verso il voto. 
Dal Colle al piano Meloni-Salvini

Dopo il richiamo di Mattarella sulla necessità di "rinnovare" gli enti, c'è l'accordo tra i due leader. Votare con le europee potrebbe offrire grandi opportunità al centrodestra. E tanti posti in più per chi ambisce a una carica. Pd e Cinquestelle in difficoltà

Su quella che si annuncia come una decisa accelerazione nella riforma delle Province, in grado di riportare gli enti territoriali al voto diretto già il prossimo 9 giugno, pesano certamente le parole che il Capo dello Stato ha pronunciato pochi giorni fa all’assemblea nazionale dell’Upi riunita a Chieti. Sergio Mattarella ha scelto quella sede per sottolineare la necessità di “rinnovare e rafforzare le Province”, richiamandone il ruolo nella “coesione sociale” e nell’“importante appuntamento appuntamento dell’attuazione del Pnrr”.

Non proprio un monito, ma più di un auspicio quello del Colle giunto in una fase che pareva quasi di stallo o, comunque, destinata a ritardi nell’iter parlamentare teso a superare finalmente l’unanimemente deprecata riforma che porta il nome dell’ex ministro dem Graziano Delrio. Un messaggio che, indiscutibilmente, segna una svolta e un cambio di passo di cui la politica, nella fattispecie il centrodestra superando palesi differenze di visione tra Lega e Fratelli d’Italia, ha inteso e condiviso la necessità di pratica attuazione. Non da oggi è quello di Matteo Salvini il piede più pronto a pigiare sull’acceleratore con l’obiettivo di consegnare ai cittadini, insieme a quella per il Parlamento europeo, anche la scheda con cui tornare a votare il presidente e i consiglieri della Provincia, dopo anni in cui questo compito è stato delegato ai Comuni. Il leader della Lega ha sempre sostenuto questa battaglia, pur dovendo rinunciare a vincerla quando ha governato con i Cinquestelle, ma più che mai deciso a non gettare la spugna rispetto all’idea di riportare questi enti ad avere un ruolo centrale per quanto riguarda gestione e manutenzione di strade, scuole e trasporto locale.

Linea condivisa, ma non con eguale iniziale forza ed entusiasmo, da Fratelli d’Italia che, invece, adesso dopo le parole del presidente della Repubblica, ma anche in virtù di un pragmatico ragionamento politico, sposa appieno il piano dalla innegabile impronta leghista. I segnali che arrivano dai vertici dei due partiti, con la piena condivisione di Forza Italia, sono quelli di un rapido e convinto cambio di marcia di cui si avrà presto evidenza nei lavori parlamentari. 

C’è, come si diceva, il peso del Colle e la volontà del centrodestra a partire dal premier di non trascurare le parole di Mattarella, ma nel contempo c’è pure il pragmatico ragionamento di una coalizione che dal rinnovato sistema di voto per le Province conta di incassare un risultato che, nei pronostici misti ad aspirazioni, si potrebbe aggirare attorno all’80 o addirittura il 90% delle Province italiane. 

Giorgia Meloni e alla dirigenza del suo partito non sfugge il vantaggio di non lasciare soltanto alla Lega la bandiera dell’atteso ritorno alle Province come le si conosceva prima della Delrio e, possibilmente, con ulteriori competenze. Sulla decisione di FdI pesa pure il calcolo di quanti posti nelle liste e, sperabilmente nella loro visione, negli enti rinnovati potranno essere offerti a schiere di potenziali candidati in un partito cresciuto rapidamente e in maniera massiccia nei consensi. Un’opportunità ancor più importante in quelle regioni, come il Piemonte, in cui si andrà al voto il prossimo anno. Non è un mistero che la presidenza di una Provincia, spesso possa “valere” per peso politico e potere più di uno scranno da consigliere regionale. Così come la storia recente conferma il ruolo di trampolino di lancio verso cariche più importanti che la guida dell’ente territoriale possa esercitare per più di un politico. 

Nella decisione della premier di avallare la proposta leghista di accelerare verso il voto provinciale in election day con le europee, smentendo le non disinteressate previsioni negative del Pd circa la fattibilità in questi tempi della riiforma, conta molto anche il sistema di presentazione agli elettori. La formazione di coalizioni, sul modello regionale e senza ballottaggio, agli occhi della Meloni dovrebbe affievolire le spinte competitive nei confronti del suo partito da parte della Lega, come inevitabilmente avverrà per il voto europeo. Alleanze che, anche sul fronte delle Province, prevedibilmente agevoleranno non poco il centrodestra, rispetto a un pur realizzabile campo largo del centrosinistra con quei Cinquestelle che non hanno mai nascosto il loro giudizio negativo su questi enti, così come la loro quasi irrilevanza in questo genere di competizioni elettorali. Un altro problema per Elly Schlein. E tempi assi stretti per provare a risolverlo.

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