VERSO IL 2024

Lega, la lunga rincorsa a FdI. Tra identità e competizione

Usurata e sotto scacco dal problema delle risorse, l'Autonomia non è più la bandiera la sventolare. Scippato dalla Meloni pure dell'immigrazione, il partito di Salvini deve trovare un tema forte. Molinari: "Rivendicheremo il pragmatismo" rispetto all'alleato

Col vento in poppa, che l’avrebbe spinto nel voto europeo oltre il 34% e il 37 in quello regionale, nel 2019 il partito di Matteo Salvini issò e fece garrire al vento del Nord la bandiera dell’Autonomia, immediatamente vessillo prima elettorale e poi programmatico nel ritorno del centrodestra a trazione leghista al governo del Piemonte. Oggi, quasi cinque anni dopo e meno di uno dal voto, a sventolare nel gran pavese del bastimento del centrodestra è quello di Fratelli d’Italia. Rispetto all’alleato, cui il destino riserva una nemesi rispetto al ruolo di principale azionista di maggioranza della coalizione, deve trovare temi e messaggi, forti più di allora, con cui presentarsi agli elettori.

Gli accresciuti poteri delle Regioni, per cui all’inizio della legislatura i leghisti vollero fortemente un’apposita commissione dai successivi esiti non indimenticabili, oggi sono a uno snodo cruciale dell’accidentato percorso di riforma affidato a Roberto Calderoli. Pochissimi giorni fa il costituzionalista Sabino Cassese presidente del pletorico comitato incaricato di studiare e individuare i Lep, ovvero i livelli essenziali di prestazioni, elemento indispensabile per uniformare quanto più possibile poteri e disponibilità delle Regioni garantendo contro il rischio di eccessive disparità, ha consegnato la sua relazione. Come ampiamente previsto il nodo principale della riforma, al netto delle rassicurazioni del ministro Calderoli, pare restare quello delle risorse. Insomma, se già un poco stinta dopo un lustro, quella dell’autonomia non pare la bandiera principale con cui presentarsi all’elettorato piemontese, soprattutto non sufficiente per provare a ridurre il più possibile il divario con il partito di Giorgia Meloni.

Più che contrastare un avversario, il Pd, che ancora oggi non è riuscito a decidere se presentarsi in campo largo con i Cinquestelle oppure da solo, tantomeno ha stabilito chi sarà a sfidare Alberto Cirio, il partito di Salvini deve condurre una battaglia all’interno della sua coalizione, dove le accelerazioni sulle richieste da parte di FdI certo non mancano, come attestano le “prenotazioni” di poltrone importanti nell’ambito della sanità, partendo dall’Azienda Zero e puntando senza infingimenti allo stesso assessorato oggi del leghista Luigi Icardi.

Questo scenario con la delega di maggior peso rivendicata dalla forza politica che otterrà più voti, non sembra tuttavia indurre i vertici della Lega a porre in secondo piano il tema più impattante sui cittadini e, dunque, sugli elettori. Nei ragionamenti già avviati, il segretario regionale Riccardo Molinari ha già messo in chiaro come il rivendicare quanto è stato fatto sul fronte sanitario, attraversato dalla tempesta Covid contro cui il Piemonte ha retto meglio di altre regioni, sarà uno dei punti di forza della campagna elettorale. Luci e ombre, con tra queste ultime le lentezze e gli intoppi sull’edilizia sanitaria in primis, su un argomento nel quale le pur durissime critiche della sinistra spesso finiscono per scontrarsi con un recente passato (quello della precedente amministrazione regionale) dove i tagli furono pesanti e i cui effetti ancora si sentono.

Diverso sarà il confronto con l’alleato meloniano, sempre più arrembante, nei cui confronti il messaggio di “aspettare l’esito del voto prima di allargarsi troppo” viene spedito sia pure con fairplay dal fronte leghista, il quale certo non potrà contare più di tanto su uno dei tempi forti come quello dell’immigrazione, visto gli “scippi” della premier nei confronti del Capitano, non certo ultimo quello dell’accordo con l’Albania. Tantomeno potrà fare breccia in Piemonte il progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Molinari, tuttavia, non intende affatto perdere l’occasione delle Infrastrutture nelle mani del segretario e giù sta mettendo negli appunti di lavoro il completamento dell’Asti-Cuneo, i lavori del Tenda, il retroporto di Alessandria “per cui è terminata l’analisi costi benefici – ricorda Molinari – e il master plan è di fatto pronto, con una messa a gara prevista tra dicembre e gennaio”.

Ma c’è un punto su cui la Lega intende marcare forte la sua azione, stavolta unendo Europa a Piemonte, nella lotta all’eccessiva impostazione green, con il rischio di pesanti ripercussioni sull’industria e, non di meno, con il blocco dei veicoli Euro 5 (dove, in verità, un mezzo autogol lo ha fatto proprio un assessore leghista, Matteo Marnati) di forte presa sugli elettori.

Una cartuccia i leghisti piemontesi l’hanno pronta da sparare proprio sulla caccia, grande bacino di voti per chi riesce e metterli nel carniere. “Siamo passati da essere la regione con il peggior calendario venatorio – osserva il segretario – a una delle prime nella considerazione dei cacciatori”.

Nel riassunto di quanto fatto da ricordare in vista del voto, pure le Universiadi sul fronte dello Sport, gli incentivi per il turismo e via ancora in un elenco dove, però, al momento non si vede un tema se non dirompente, almeno un po’ spiazzante per l’opposizione, ma anche per la concorrenza interna. Tenuto strategicamente coperto, o non ancora individuato? Il dilemma resta. Così come resta e resterà fino alle elezioni una corsa all’ultimo voto per ridurre la distanza con i Fratelli. “Pragmatismo”, la parola d’ordine che Molinari ripete come premessa all’offerta per gli elettori piemontesi. Il non detto, evidente, è il contraltare meloniano che per il partito di Salvini è stato assai più ideologico. E quando l’ideologia ha ceduto il passo – la lettura che se ne dà ai vertici della Lega – spesso è stato per rivendicare poltrone. 

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