PALAZZI ROMANI

Piemonte maglia nera al governo. Ministri tra gaffe e passi falsi 

Osannata in patria allobroga per la sua inedita consistenza, la pattuglia ministeriale sta mostrando molte pecche. E qualcuno è già nel mirino della Meloni. Crosetto con lo scolapasta in testa, l'evanescente Zangrillo, "Pochetto" dell'Ambiente... Che fauna

Un po’ sdentate e per nulla scintillanti le vette del Piemonte nel Governo di Giorgia Meloni che, in tempo di bilanci di fine anno, non può certo affidare alla compagine ministeriale subalpina il roboante tuono della valanga carducciana. Al più e in più di un caso solo una potenziale rovinosa slavina. E a scivolar fuori dalla tavola rotonda di Palazzo Chigi, nel sempre meno improbabile rimpasto necessario alla premier per ridurre la distanza sui lusinghieri giudizi nei suoi confronti anche a livello internazionale rispetto quelli assai meno su una serie di ministri, potrebbe essere più di un componente di quella piuttosto nutrita pattuglia piemontese, osannata dal centrodestra in terra allobroga anche proprio in virtù della sua inedita consistenza.

Se non c’era stato bisogno di rimpasto, bastando (si fa per dire) la condanna per la Rimborsopoli regionale, per far lasciare dopo pochi mesi il posto di sottosegretario all’Università alla pasionaria nera Augusta Montaruli, un altro suo parigrado nonché corregionale compagno di partito come Andrea Delmastro appare oggi assai blindato dalla premier rispetto alle accuse (passate dalla politica alla magistratura con l’imputazione coatta) sulla presunta rivelazione di atti riservati sul dossier dell’anarchico Alfredo Cospito al deputato Giovanni Donzelli con tutto quel che ne è seguito. Blindato, almeno per ora, ma certo è difficile pensare che la Meloni, sempre attenta a non offrire il destro sugli avi della sua destra, si sia compiaciuta per quel “spezzeremo le reni alle correnti della magistratura” tuonato da un Delmastro incurante della malasorte dell’originale riferito alla Grecia e di non meno evidenti evocazioni. 

Gaffe, chiamiamole così, non certo rare tra ministri piemontesi (senza nulla togliere a non pochi altri) che di passi falsi sembrano segnare il loro cammino, rischiando di farlo diventare sempre più ripido e con qualche strapiombo. Prima l’allarme sul ruolo della Divisione Wagner nel sospingere migranti verso il nostro Paese, poi una gestione discussa e discutibile del caso Vannacci, quindi l’intervista esplosiva su una parte della magistratura ridotta poco più che a un ballon d’essai nel parziale dietro front in Parlamento, senza contare l’esordio con il fuorionda in cui definì “un deficiente” il capo dei Cinquestelle Giuseppe Conte, con successive scuse. Insomma, pure un ministro considerato dagli avversari il più cauto, attento e riflessivo come il titolare della Difesa Guido Crosetto non è che esca indenne da questo bilancio di neppure metà mandato. Se Matteo Renzi all’epoca aveva nella sinistra i suoi vietcong, il cortocircuito sull’affaire del generale prima rimosso poi (quasi) promosso e offerto con tutta la notorietà procurata a Matteo Salvini come potenziale candidato, per Crosetto Platoon sembra evocare più di lui in mimetica, la traduzione in piemontese della sua pelata. Anche per lui, come per Vannacci, un avvicendamento?

Lo si sussurra, cambiando divisa, pure per colui che non riesce a staccarsi dal petto quella che non si sa bene se sia (ancora) una medaglia, ovvero l’essere “il fratello del medico personale di Silvio Berlusconi”. Titolare della Funzione Pubblica, Paolo Zangrillo per i maligni è l’avatar istituzionale del vero ministro, ossia l’assai stimato suo capo dipartimento Marcello Fiori, dirigente di riconosciute capacità. Tra quelle del coordinatore piemontese di Forza Italia assurto al posto che fu di Renato Brunetta, senz’altro l’apprezzamento dei ministeriali che ancora vivono l’incubo veneziano rispetto ai ritmi romani che Zangrillo pare aver impresso al dicastero. Lì Zangrillo alla struttura dedicata al Pnrr ha piazzato Paolo Vicchiarello, già al servizio delle ministra grillina piemontese Fabiana Dadone, ma noto negli ambienti per la paternità della locandina celebrativa del Milite Ignoto con la foto dei soldati americani. Da ronzulliano kiss me Licia a strenuo fans di Antonio Tajani, Zangrillo pare osservare la massima del chi non fa non sbaglia, navigando di bolina nel mare ormai non più azzurro come quando c’era Silvio. Che non si sa se abbia mai cantato Una lacrima sul viso.

Comunque sia l’interprete, (dis)honoris causa, è senz’altro lui Gilberto Pichetto, altro ministro piemontese. All’Ambiente pur non essendosi ancora ambientato dopo più di un anno. Compartecipe con magone all’ecoansia di una ragazza, Gil ha invece mostrato impassibilità di ghiaccio di fronte alle domande in inglese dei giornalisti a Bruxelles, come se parlassero una lingua sconosciuta. Appunto. Chi gli vuol bene, spiega che il politico biellese, dagli stimati trascorsi di assessore regionale e viceministro in ambito economico, è la conferma del Principio di Peter, quello secondo il quale in una gerarchia si tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza. Di lui l’acuta penna di Luigi Bisignani ha scritto che “sta alla transizione energetica, come l’analogico all’intelligenza artificiale”.

Tra color che paiono sospesi in vista del giorno in cui la premier deciderà di rimettere mano alla formazione di governo, pure una piemontese di nascita e uno d’adozione. All'esito delle indagini sulle travagliate vicende imprenditoriali è appeso il destino della cuneese Daniela Garnero in Santanchè, che pare sempre più, visto anche il periodo, uscita da un cinepanettone. E che dire del ministro dell’Istruzione e del Merito, che prima adotta un provvedimento e subito dopo (le urla del Capo Salvini) lo revoca? Il milanese docente universitario a Torino, Giuseppe Valditara, con il comitato dei garanti per il progetto di educazione alle relazioni cancellato appena dopo averne annunciato la costituzione, ha rimediato una figura barbina e chissà se verrà rimandato a settembre o altrove. Destino che potrebbe toccare anche ad altri ministri, salutati all’insediamento con un entusiastico “Arrivano i piemontesi”. Dimenticando che quella era la pubblicità di un amaro.

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