FINANZA & POTERE

Palenzona abbassa la cresta: tagliato fuori da Acri e Cdp

Il Camionista di Tortona saluta il 2023 e i suoi obiettivi mancati. Guzzetti e Messina (e pure Profumo) incassano, mentre big Fabrizio prova ad attaccarsi all'eminenza nera meloniana Fazzolari (irritando i Fratelli). In Piemonte malcontento per la gestione di Crt

Seppur non funesto, per Fabrizio Palenzona quello bisesto, comunque, si presenta come l’anno degli obiettivi mancati. E dei consensi calati. Insieme al 2023 che lo ha visto approdare al vertice della Fondazione CrtFurbizio deve salutare anche i sogni di gloria che avrebbe voluto tramutare nella concretissima e potentissima presidenza dell’Acri. Ancora una volta a decidere i destini dell’associazione tra le Casse di Risparmio e le fondazioni di origine bancaria, così come le mani cui affidarli è colui che dell’Acri ha fatto il suo regno incontrastato per quasi vent’anni e che ancora lì conserva tutto il suo peso. Giuseppe Guzzetti, il grande vecchio della finanza bianca lombarda non ha mai fatto mistero di vedere e volere al posto dell’uscente Francesco Profumo, l’attuale numero uno di Cariplo, Giovanni Azzone. E, infatti, sarà proprio quest’ultimo a ricevere il testimone in Acri dal presidente di Compagnia di San Paolo, ormai sull’uscio della cassaforte di corso Vittorio Emanuele e pronto a varcare, dopo un anno di quarantena obbligata, il portone di Cà de Sass sostituendo nel 2025 Gian Maria Gros Pietro alla presidenza di Intesa Sanpaolo.

Un’operazione quest’ultima che certo non vede Big Fabrizio come king maker, semmai come spettatore di rango in tribuna, mentre a fare i giochi sono due suoi non proprio amicissimi, per usare un eufemismo. Da una parte Guzzetti, vincente sulla partita dell’Acri e dall’altra Carlo Messina, il ceo di Intesa-Sanpaolo, vero dominus dell’operazione destinata a portare alla presidenza della banca l’ex ministro del governo col loden, profilo ideale per Messina di cui è nota la malsopportazione di presidenti troppo interventisti. Bloccata ancor prima che incominciasse la sua scalata all’Acri, Furbizio vede pure svanire l’altro suo progetto peraltro legato al primo, ovvero giocare la partita per aprire la strada verso Cassa Depositi e Prestiti allo stesso Profumo, in un non dichiarato do ut des.

Al posto di Giovanni Gorno Tempini, alla presidenza di CdP è deciso andrà Gaetano Miccichè, il quale oltre al fratello Gianfranco politico di centrodestra, può vantare ancor più un passato e un presente con incarichi di altissimo livello proprio in Intesa. Banchiere d’affari di lunghissimo corso, già a capo di tutta l’area Corporate del gruppo e oggi presidente della Banca Imi, Micciché vantava ottimi rapporti anche con Palenzona. Era stato tra l’altro vicepresidente di Prelios, la ex Pirelli Real Estate, di cui Palenzona è tuttora presidente, prima che i rapporti della società con Intesa-Sanpaolo si guastassero non poco, finendo col rappresentare il principale motivo della freddezza dei rapporti tra Messina e Big Fabrizio.

Per il “camionista di Tortona” abituato a giocare sul rosso e sul nero alla roulette della politica con le fiche della finanza, la fortuna sembra non arridere come in altri momenti e lo stesso avvicinamento rumoroso alle stanze del potere di Palazzo Chigi, in particolare quella del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, finiscono con il suscitare crescenti irritate reazioni nell’inner circle di Giorgia Meloni. Per lei Palenzona si era spellato le mani in applausi l’estate scorsa nella masseria di Bruno Vespa, ma tra i Fratelli c’è chi non avendo la memoria del pesce rosso vede Furbizio come un ingombrante corpo estraneo alla famiglia, sia pure assai allargata e nelle sue mosse la grazia di un elefante in cristalleria.

Non gli arride sorte migliore nel riconquistato giardino di casa, ovvero in quella Fondazione Crt dalla cui presidenza sta raccogliendo più critiche che apprezzamenti. Delusione è il sempre più vasto idem sentire negli ambienti economici e imprenditoriali piemontesi dove si annotano più le lunghe anticamere che Palenzona impone a interlocutori di rango, rispetto alle attese iniziative della cassaforte territoriale. La stessa chiamata al suo fianco, quale segretario generale dell’ex top manager finanziario di FiatAndrea Varese, sembra uscita dalla sceneggiatura di un marziano a Torino. Il nome di Varese è associato soprattutto alla ormai lontana stagione della Sacra Ruota, ai tempi del famoso prestito convertendo di tre miliardi di euro concesso a una Fiat male in arnese, nel 2002, dalle banche creditrici, operazione finita all’epoca pure sotto la lente della magistratura. Ma non basta questa lontana operazione, peraltro dai giudizi controversi, a trasformare un carneade sia pure di rango, in una figura che deve rappresentare il forte anello di congiunzione tra la fondazione e il territorio. Non è un caso che in via XX Settembre si stia cercando un profilo cui affidare proprio questo ruolo, di cui sempre più si fa notare l’assenza da parte delle amministrazioni locali e degli enti che storicamente hanno rapporto con il munifico bancomat istituzionale. Quella che, nelle mire di Furbizio, sarebbe dovuta essere il trampolino per spiccare il balzo verso posizioni ancora più importanti sembra essersi ridotta a pur comoda poltrona. Da cui guardare i giochi di potere, nelle mani di altri.

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