DIRITTI & ROVESCI

Askatasuna è un "bene comune",
Lo Russo legalizza il centro sociale

Il Comune di Torino avvia il percorso di trasformazione del principale covo dell'antagonismo della città. Domani la delibera in giunta. La vicesindaca Favaro: "Una via per dare nuova vita a quello stabile". Ma c'è chi avrebbe voluto la linea dura

Una trattativa che va avanti, sotterranea, da alcuni mesi. La scelta di adottare il dialogo anche laddove c’è chi predica lo scontro sociale e pratica la violenza. Askatasuna uscirà dal cono d’ombra dell’illegalità nel quale vive da decenni, almeno questo dovrebbe essere l’epilogo di un percorso che sarà avviato domani, con l’approvazione della delibera che porta la firma della vicesindaca di Torino Michela Favaro. Il piano è stato illustrato questa sera alla maggioranza, durante una riunione in cui la numero due di Stefano Lo Russo era affiancata dal collega Mimmo Carretta, responsabile dei rapporti con il Consiglio. È un passaggio stretto e l’amministrazione ben conosce le posizioni contrarie: non solo del centrodestra – “che su questo ci farà la campagna elettorale” preconizza un consigliere – anche tra le forze dell’ordine. Tra i capi di quegli agenti di polizia che hanno dovuto difendere il cantiere della Tav a Chiomonte, subendo attacchi periodici a colpi di pietre e molotov. Azioni per cui la Cassazione a dicembre ha parlato di propositi di “lotta armata” coltivati da alcuni militanti del centro sociale attraverso la “preordinata provocazione di contrasti con le forze dell’ordine”.

Lo strumento con cui verrà recuperato lo stabile al civico 47 di corso Regina Margherita è il Regolamento dei beni comuni, approvato nel 2019 dalla maggioranza pentastellata di Chiara Appendino.  Secondo quanto riferito dalla vicesindaca alla maggioranza è giunta a Palazzo Civico una richiesta formale di recupero dell’edificio da parte di cinque cittadini il cui portavoce è Ugo Zamburru, psichiatra noto a Torino per aver fondato il Caffè Basaglia.

C’è chi lo definisce un tentativo di istituzionalizzare il centro sociale più violento di Torino e non mancano le resistenze. Lo scorso dicembre un’operazione della Digos disposta dalla Procura e condotta assieme ai Vigili del fuoco, Asl e ispettori Spresal, aveva certificato ciò che già tutti sapevano: le precarie condizioni igienico-sanitarie dello stabile, la mancata autorizzazione delle attività che si svolgevano all’interno, a partire dalla somministrazione di bevande, le irregolarità agli impianti elettrici e alle uscite di sicurezza. Un’operazione che, secondo alcuni, aveva certificato non solo lo stato di generale degrado dovuto a decenni di incuria, ma soprattutto il braccio di ferro tra chi – il Comune – aveva avviato una trattativa e chi era contro quella soluzione.

L’amministrazione Lo Russo, però, ha tirato dritto. I proponenti avrebbero già avviato una trattativa con gli occupanti, la delibera che sarà approvata domani aprirà un tavolo aperto alla partecipazione dei cittadini. E, di questi tempi, poteva mancare il richiamo ai valori della Resistenza? Certo che no, infatti il progetto prevede che il nuovo centro diventi un presidio antifascista in cui le attività siano ispirate ai principi della non violenza. Insomma, il contrario di quel che è stato finora.