LA SACRA RUOTA

Stellantis, giurin giurello sul Milione. Mirafiori ancora col fiato sospeso

Come per il Signor Bonaventura, anche i vertici del gruppo continuano a indicarlo come obiettivo produttivo. Tante parole, le solite promesse, ma soprattutto richieste ben precise al Governo (soldi) al tavolo del Mimit. Atteso a Torino il tagliatore di teste

Al Mimit prosegue l’avventura del Signor Bonaventura. “Oggi, come abbiamo fatto in passato, ribadisco ancora una volta il nostro forte impegno nei confronti del Paese. Abbiamo l’obiettivo comune, insieme col Governo, con la filiera, coi sindacati e tutti coloro che vivono tutti i giorni questo settore, di sostenere la produzione di veicoli in Italia nei prossimi anni con l’ambizione di raggiungere anche il famoso milione di veicoli (auto e veicoli commerciali) nel piano DF2030”. Parola di Davide Mele, responsabile Corporate Affairs di Stellantis Italia, al tavolo automotive in corso al Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

“Noi non ci tiriamo indietro – ha assicurato il top manager del gruppo – ma riteniamo fondamentali alcuni specifici fattori abilitanti in questo cammino verso l’elettrificazione del parco auto italiano: gli impatti delle normative sulla continuità della produzione attuale a prezzi accessibili, il proseguimento a lungo termine di incentivi adeguati alla vendita di veicoli elettrici e del rinnovamento del parco, lo sviluppo della rete di ricarica per sostenere i clienti e la competitività dei costi industriali, incluso il miglioramento del costo dell’energia, che è chiaramente messo in discussione dall’offensiva cinese con un vantaggio competitivo del -30%”. In soldoni, gli Agnelli-Elkann battono cassa.

La produzione, ha sottolineato Mele, “è strettamente correlata alla domanda di mercato e quindi se vogliamo puntare a determinati obiettivi dobbiamo tenere in grande considerazione non solo il produttore, ma anche il cliente. Ecco perché è fondamentale stimolare la domanda con auto a prezzi accessibili. L’accessibilità è data dagli sforzi congiunti di Stellantis e dei suoi fornitori per garantire che i clienti possano acquistare le nostre auto, fornendo così attività e posti di lavoro ai nostri stabilimenti. Ed è possibile, come hanno dimostrato, per esempio, i nostri colleghi di Atessa, con una qualità migliorata di 7 volte e costi ridotti del 30%. Ecco perché Atessa è la pietra miliare mondiale della business unit Pro One LCV di Stellantis, che esporta l’85% della sua produzione”. Mele ha poi ricordato che “l’Italia sta beneficiando delle dimensioni di Stellantis e del suo portafoglio di 14 marchi iconici. Il gruppo contribuisce attivamente alla bilancia commerciale italiana: oltre il 63% dei veicoli prodotti lo scorso anno negli stabilimenti italiani di Stellantis sono stati esportati all’estero. In particolare, lo scorso anno sono stati prodotti oltre 752mila veicoli (auto + veicoli commerciali), in crescita del 9,6% rispetto al 2022, di cui oltre 474mila sono stati commercializzati all’estero. Possiamo migliorare? Certamente, è un nostro obiettivo. L’azienda ha investito diversi miliardi di euro nelle attività italiane per nuovi prodotti e siti produttivi, tra cui la gigafactory di Termoli e il Battery Technology Center di Mirafiori”. Due realtà che al netto della strombazzata propaganda non rappresentano di certo una ripresa nella direzione produttiva, perlomeno non ancora.

Ciò che conta è “trovare una soluzione che porti alla sostenibilità delle nostre attività in Italia, nel contesto dell’offensiva cinese sul mercato automobilistico europeo. Questa è la posta in gioco, niente di più e niente di meno. Stellanris, infatti, fin dalla sua costituzione ha lavorato con determinazione e velocità per anticipare e supportare la transizione energetica di tutti i suoi siti industriali italiani. I Contratti di Sviluppo, concordati il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, sono parte integrante ed essenziale del processo di transizione. In sintesi, Stellantis è più che mai convinta che se ogni stakeholder farà la sua parte, in modo concreto e proattivo, l’automotive nazionale potrà tornare a recitare il ruolo che si merita”.

Impegni solenni dietro i quali però si nascondono le non ancora chiare strategie di Stellantis sui quattro grandi stabilimenti italiani: Melfi, Mirafiori, Pomigliano e Cassino. La situazione in Italia del gruppo automobilistico non è al momento delle migliori, come dimostrano i recenti tagli alla produzione in alcune fabbriche. Tra queste quella che sembra passarsela peggio è proprio lo stabilimento di Mirafiori, tanto che qualcuno ipotizza imminenti ridimensionamenti. Questo nonostante le promesse effettuate dal gruppo automobilistico che di recente ha fatto annunci importanti a proposito di questa fabbrica.

Al momento a Mirafiori si produce la Fiat 500 elettrica che però ha visto ridurre la sua produzione a causa di un calo della domanda. Gli altri modelli prodotti li sono le auto di Maserati con il lancio della nuova Quattroporte che è stato rinviato di qualche anno. Nel sito di Mirafiori, attualmente lavorano circa 12mila lavoratori, molti dei quali andranno in pensione nel corso del prossimo decennio. Nel 2023 il polo torinese ha sfornato 85.940 auto su un totale di 521 mila vetture prodotte dal gruppo in Italia. “Il peso maggiore dei volumi – spiega una nota della Fim-Cisl – continua ad essere determinato dalla produzione della 500 bev che si ferma a 77.260 unità, di fatto allo stesso livello del 2022 (77.500). Dato non positivo, visto che l’andamento nel 1° semestre 2023, spinto da una produzione su due turni, aveva fatto sperare in una salita oltre le 90 mila unità”. Ancora peggio sulla linea della Maserati, dove la produzione è crollata del 49% con 8.680 veicoli. I piani di Stellantis, sia quelli già implementati come l’hub dell’economia circolare, sia quelli solo annunciati come il “Green Campus”, non contemplano l’assunzione di nuovo personale, ma piuttosto la riconversione della forza lavoro esistente. A ottobre, la produzione della Fiat 500 elettrica a Mirafiori è stata interrotta per due settimane, seguita da un calo della produzione da 225 vetture assemblate a turno a 170 auto a novembre. Senza un piano di nuove assunzioni, l’hub dell’economia circolare risulta incapace di garantire una vera rinascita dello stabilimento.

Dunque, nonostante le dichiarazioni rassicuranti di Stellantis, sindacati e dipendenti sono abbastanza preoccupati, anche sulla visita, lunedì prossimo di Stefan Dubs, head of upper cluster Enlarged Europe del Gruppo, vale a dire il capo degli stabilimenti europei. Un manager con la fama di “tagliatore di teste”, molto in linea con la visione di Carlos Tavares, il quale ha sempre rimarcato che i costi di produzione in Italia sono troppo elevati: realizzare una Fiat 500 elettrica costa almeno mille euro in più rispetto a una equivalente Peugeot prodotta in Spagna.

Sembrano andare meglio le cose negli altri grandi stabilimenti italiani. Cassino sarà la casa delle nuove Alfa Romeo Giulia e Stelvio oltre che di Maserati Grecale e forse anche di un altro modello. A Melfi spazio a 5 nuove auto elettriche tra cui la nuova Lancia Gamma. A Pomigliano, infine, l’attuale Fiat Panda continuerà ad essere prodotta almeno fino a fine 2026 insieme ad Alfa Romeo Tonale e Dodge Hornet. Anche in queste fabbriche però qualche preoccupazione rimane. Ad esempio, ci si chiede se a Cassino le auto che verranno prodotte saranno da sole in grado di garantire la piena occupazione. A Pomigliano ci si interroga su cosa accadrà quando l’attuale Fiat Panda andrà in pensione mentre nello stabilimento Stellantis di Melfi ha creato grande perplessità la voce secondo cui la nuova Opel Manta non si farà più. Dunque, al momento l’obiettivo del governo italiano di un 1 milione di auto prodotte ogni anno nel nostro Paese sembra piuttosto lontano.

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