DIRITTI & ROVESCI

Askatasuna si è "autosgomberato", adesso Lo Russo può legalizzarlo

A 24 ore dalla relazione dell'Asl di Torino che imponeva al sindaco la liberazione dell'edificio, arriva l'annuncio di Palazzo Civico: "Il Comune è tornato in possesso dell'immobile". Parte il tavolo di "co-progettazione" per il "bene comune"

Ieri la relazione nella quale l’Asl di Torino (quasi) intimava al sindaco lo sgombero di Askatasuna, oggi la risposta di Stefano Lo Russo che annuncia da una parte la consegna dell’immobile di corso Regina Margherita al Comune e dall’altra l’insediamento del tavolo tecnico di “co-progettazione”, previsto domani, secondo il percorso avviato con la delibera dello scorso 30 gennaio. Gli occupanti si sono auto-sgomberati e il palazzo ora è vuoto. La serratura è stata cambiata e il Comune ne è tornato in possesso.

Nel braccio di ferro sotterraneo tra istituzioni cittadine, il piano dell’amministrazione comunale procede, nonostante il gelo calato con i rappresentanti delle forze dell’ordine e il prefetto. Certo, da un punto di vista tecnico, il Comune non sta facendo altro che tornare in possesso di uno stabile di sua proprietà e avviarne la riqualificazione, ma non sfugge a nessuno che, di fatto, sta offrendo una interlocuzione e quindi una legittimazione a chi fino a ieri organizzava gli assalti contro gli agenti di polizia e carabinieri ai cantieri della Tav in Valsusa così come alle manifestazioni nel centro di Torino. Da antagonisti a protagonisti della vita cittadina.

Nel rapporto firmato ieri dal direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Torino Roberto Testi e dal responsabile tecnico Roberto Zacco, e inviato ieri a Procura, Questura e Prefettura, è stato certificato che “la situazione dell’immobile (…) è sostanzialmente invariata rispetto al sopralluogo del 15.12.2023 e non è disponibile alcun elemento utile a ritenere che le rilevanti problematiche di sicurezza interne all’edificio in allora constatate siano state risolte, né che le attività varie esercitate sempre nel perimetro dello stabile siano state regolarmente autorizzate secondo normativa vigente”. Secondo l’Asl la presenza delle persone che finora hanno occupato l’edificio e le “varie attività ludico-commerciali” svolte possono essere consentite “solo previo ripristino delle caratteristiche minime di sicurezza”. In definitiva, visto quanto previsto dal Regolamento Municipale di Igiene “l’Autorità Comunale” deve “urgentemente provvedere allo sgombero dell’edificio, per poter ripristinare in un secondo momento i requisiti minimi di sicurezza e regolamentari”.  E neanche a farlo apposta, è ciò che è accaduto questa mattina. Il Comune fa sapere che ora partiranno anche i necessari accertamenti dei tecnici incaricati di una perizia sulle condizioni della struttura.

Al netto delle condizioni dello stabile – che è lecito presumere siano diventate così precarie da imporne uno sgombero immediato non negli ultimi due mesi – questa nuova iniziativa dell’Asl sembra confermare il gelo calato su Palazzo Civico da quando l’amministrazione comunale ha deciso di avviare contatti informali con i portavoce di Askatasuna e poi di approvare il percorso di “legalizzazione” del centro sociale. Non è un caso che i primi a ribellarsi all’iniziativa del sindaco siano stati i sindacati di polizia  e più di un fastidio è stato registrato anche ai vertici della Questura e della Prefettura, sia nel merito del percorso intrapreso sia nel metodo. Nei giorni scorsi il prefetto Donato Cafagna ha tenuto a precisare pubblicamente che certo, è stato “informato dell’iniziativa”, ma “non c’è stata alcuna condivisione”. Affermando, inoltre, che “l’amministrazione comunale ha deciso autonomamente di seguire il percorso che ha portato all’adozione della delibera e la prefettura e la questura sono state portate a conoscenza successivamente”.

Intanto, il sindaco è riuscito a muovere un primo fondamentale e per nulla scontato passo: la liberazione dello stabile senza neanche una manganellata e la consegna delle chiavi. Tutto è bene quel che finisce bene, dunque? Mica è finito, anzi siamo solo all’inizio.

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