ALTA TENSIONE

Aska, Lo Russo nel cul-de-sac. L'occupazione continua. E ora?

Gli antagonisti sconfessano il sindaco, che pure aveva dichiarato di essere tornato in possesso dell'immobile. I benecomunisti hanno preso sottogamba gli alert delle forze dell'ordine. Tensioni tra le istituzioni e una parte della procura. La destra va a nozze

La verità è che non se ne sono mai andati. “Siamo ancor a qua” scrivono sui social i militanti di Askatasuna parafrasando Vasco e inguaiando il sindaco di Torino Stefano Lo Russo che solo giovedì aveva annunciato l’avvio del “tavolo di co-progettazione” a seguito del “verbale di consegna dell’immobile”. Termini burocratici che forse camuffavano i timori del sindaco, congeneticamente restio a essere diretto, ad affermare che l’occupazione  di corso Regina Margherita 47 era finalmente conclusa. Dichirazione un tantino azzardata, di certo prematura. E infatti sono ancora lì e lo rivendicano, gettando benzina sul fuoco delle polermiche politiche e allargando quelle divergenze presenti nelle istituzioni: Palazzo Civico, Prefettura, Questura e Procura di Torino, con quest'ultima divisa tra chi al suo interno sostiene l’istituzionalizzazione un’occupazione durata 27 anni e chi invece avverte i rischio insito di legittimare quanti, vivendo nell’illegalità, rappresentano un focolaio di violenza, coltivando propositi di “lotta armata” attraverso la “preordinata provocazione di contrasti con le forze dell’ordine£, come ha attestato recentemente la Cassazione. 

È una partita sempre più complessa quella del sindaco Lo Russo e non è un caso che a sostenerlo nelle sue ragioni ci sia al suo fianco solo quella variopinta compagnia gauchista con addentellati nelle redazioni di giornali, in parlamento e persino al Palazzo di Giustizia. C’è puzza di bruciato e in questi momenti non occorre davvero un naso suskindiano per fiutare l'inganno. Gli occupanti hanno preso in giro l’amministrazione? Pare proprio di sì. Dal Comune tendono a minimizzare: “Hanno solo fatto un’iniziativa nel giardino che, anche secondo l’ultima relazione dell’Asl, è l’unica parte agibile”. Ma chi li ha fatti entrare? E se esiste davvero un verbale di consegna, lo stabile a chi è stato riconsegnato? Chi ne ha ora la responsabilità? Chi lo custodisce e con quali forze? Tutte domande che oggi non hanno risposta. Si è insediato il famigerato tavolo di progettazione con i cinque temerari che hanno proposto un piano di riqualificazione di quell’edificio e rigenerazione delle attività culturali, sociali e commerciali. Ma fino alla fine di questo percorso chi gestisce l’interregno? Può farlo il Comune senza l’ausilio delle forze dell’ordine?

“L’inizio di questa nuova fase prevede la presa in carico degli spazi interessati da parte del gruppo di cittadini che con noi condivide questo percorso”, affermano i militanti del centro sociale. E il Comune che è padrone dell’immobile non ha ruolo? Si limita a ospitare le riunioni? A leggere quanto scrivono gli occupanti, che evidentemente continuano a occupare, non c’è stato “nessuno sgombero, nessun abbandono”, “continueremo a dare gambe alla prosecuzione del nostro progetto collettivo in quartiere ed in città”. Non sembrano parole di chi sta facendo le valigie. E se tutto questo percorso servisse solo per ristrutturare l’immobile e consentire a chi c’è sempre stato di continuare a starci?

Le domande sono molte, molte più delle risposte. Gli stessi militanti “dialoganti”  di Askatasuna hanno ricevuto aspre critiche negli ultimi giorni dalle frange più intransigenti dell’antagonismo. Accuse di essersi venduti alla politica, di essere pronti a fare la stessa fine dell’Hiroshima. E forse dovevano dare un segnale ai loro sostenitori. È stata perlomeno una leggerezza, quella commessa dai benecomunisti, non aver considerato che il (supposto) passaggio alla legalità significa sottrarre gran parte del core su cui si fonda il business del centro sociale (fatto di lotte antagoniste ma anche di concertini e merchandising).

Intanto, c’è una seconda relazione dell’Asl che chiede al sindaco di sgomberare quella struttura, gravata da “rilevanti problematiche di sicurezza”. Le conclusioni del rapporto, secondo quanto previsto dal Regolamento Municipale di Igiene, erano chiare: “l’Autorità Comunale” deve “urgentemente provvedere allo sgombero dell’edificio, per poter ripristinare in un secondo momento i requisiti minimi di sicurezza e regolamentari”. Sembrava fosse avvenuto per spontanea volontà degli occupnati, ma ora ci sono più che fondati dubbi. L’assessore regionale Maurizio Marrone, tra i leader di Fratelli d’Italia a Torino, accusa addirittura Lo Russo di “falso in atto pubblico” e invoca l’interessamento della Procura e della Corte dei conti. È solo l’inizio, siamo stati facili profeti.

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