VERSO IL VOTO

Sul voto decisive le Iowa europee

Il mantenimento della maggioranza che attualmente governa l'Europa passa per le urne di alcune regioni: aree in cui Ppe e Pse hanno i loro granai elettorali. In Italia cruciali sono Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia e Lazio. Meloni tra sogni e realtà

Maggioranza Ursula alla prova delle urne. Tutti i voti contano, ma in ogni campagna elettorale ci sono aree elettorali che contano e determinano l’esito finale. Per le prossime Europee, a giugno 2024, potrebbe essere il caso del voto in Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio. Secondo uno studio realizzato da DataVeritas, i futuri equilibri nelle istituzioni di Bruxelles passano dalla tenuta delle due principali forze politiche contraenti il “patto” – il Partito Popolare Europeo e il Partito Socialista Europeo – in alcune zone cruciali. Sono le “Iowa d’Europa”, le regioni che per numero di deputati che eleggono e l’omogeneità o meno dell’elettorato “meritano una particolare attenzione – spiega Gian Piero Travini, head of campaign di Piave Digital, la società committente del report, una data agency che si occupa di comunicazione politica e istituzionale (è stata tra i consulenti del governatore emiliano Stefano Bonaccini). “È un fenomeno conosciuto: nelle elezioni per il Presidente degli Stati Uniti avviene, ad esempio, con l’Iowa e la Florida”.

Applicando un algoritmo, per il Ppe tra le regioni cruciali c’è l’area centrale della Romania, la Slesia, in Polonia, il sud-ovest della Bulgaria, il Nord-ovest della Romania, il Sud dell’Irlanda, la Lituania, la Lettonia – che sono Stati – e la Lombardia e il Lazio. Per il Pse e il gruppo dei Socialisti & Democratici, invece, l’Andalusia, Madrid e Catalogna, in Spagna, Lisbona e l’area centro-Nord, in Portogallo, e la Toscana e l’Emilia-Romagna sono alcune tra le regioni fondamentali. 

Il Pse è forte nelle due democrazie più giovani dell’Europa occidentale (Portogallo e Spagna), mentre in altri Paesi mantiene la sua forza solo in quelli in cui è storicamente radicato. È il caso dell’Italia per la Toscana e l’Emilia-Romagna. La rappresentazione mostra che dove il Pse tende ad essere più forte, anche il Ppe è forte. La differenza principale è la forza relativa dei popolari nell’Est europeo, con una performance nettamente superiore in regioni come la Bulgaria sudoccidentale e la Romania nord-occidentale. I dati suggeriscono inoltre un Ppe forte nelle aree più povere e meno sviluppate, dove l’impatto dei fondi europei per lo sviluppo è più necessario. In particolare, dati mostrano che, ad esempio in Polonia, è sempre più il partito della campagna. Questa tendenza si inserisce in una più ampia scissione paneuropea tra le zone rurali e le principali aree urbane.

Il voto di giugno si preannuncia fondamentale per l’Ue, fra chi spera di riconfermarsi come forza trainante delle politiche comunitarie e chi invece mira a ribaltare gli equilibri in Parlamento e portare la destra a formare una maggioranza senza socialisti. Giorgia Meloni punta al gran colpo per confermare la supremazia elettorale in Italia e guadagnare più seggi in un Parlamento europeo, dopo il 6,44 per cento delle scorse elezioni comunitarie. Fratelli d’Italia è nel gruppo parlamentare di Ecr (Conservatori e riformisti europei), della quale Meloni è presidente. Secondop alcune stime potrebbe ottenere fino a 83 seggi, in netta crescita rispetto ai 62 di cinque anni fa, ma ancora non in grado di cambiare gli equilibri principali all’Eurocamera. Fanno parte del gruppo dei conservatori anche il partito Diritto e giustizia (Pis) polacco, il partito spagnolo Vox e il partito dei Democratici Svedesi, che nelle ultime elezioni nazionali del 2022 ha, per la prima volta, trovato spazio nell’esecutivo del Paese garantendo l’appoggio esterno al premier Ulf Kristersson del Partito moderato, rappresentante di una destra meno estrema e certamente più europeista.

Sullo stesso numero di voti del gruppo Ecr si colloca quello di destra di Id (Identità e democrazia), con i sondaggi che li accreditano di 87 voti, in crescita rispetto i 73 del 2019. Del gruppo fa parte la Lega di Matteo Salvini, chiamato al quasi impossibile compito di ripetere il risultato del 2019, quando alle elezioni europee raggiunse il 34,3 per cento dei voti. È lui, questa volta la zavorra. Fra i suoi alleati all’interno del gruppo figurano i francesi del Rassemblement National di Marine Le Pen, i tedeschi di AfD (Alternative fur Deutschland), e i neerlandesi del Partito per la libertà (Pvv) del trionfatore alle ultime elezioni olandese, Geert Wilders, con Le Pen e Wilders a rappresentare una possibile fonte di guadagno elettorale. Accreditati più o meno con lo stesso numero di seggi (89) anche i liberali del gruppo Renew, in discesa rispetto ai 108 di cinque anni fa. Del gruppo, fanno parte, per l’Italia, Azione e Italia Viva, che difficilmente saranno grandi protagonisti alla prossima tornata elettorale europea, Ciudadanos in Spagna, ma soprattutto Renaissance, il partito del presidente francese Emmanuel Macron, chiamato a tenere rispetto alla possibile ascesa di Marine Le Pen.

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