RIFORME

Autonomia prima delle Europee. Lega in pressing sul Parlamento

Salvini ormai ha ben chiaro come sia cruciale avere la riforma Calderoli approvata per la campagna elettorale. Molinari: "Abbiamo chiesto la calendarizzazione per il voto in tempi rapidi". Opposizioni sul piede di guerra si rivolgono al presidente Fontana

Ci hanno pure provato alcuni dei suoi pretoriani a mettere le mani avanti, indicando l’ultradestra europea con i suoi temi come la strada giusta per la Lega al fine di risalire la china (o non precipitare in una rapida discesa) in Europa, con l’evidente scopo di sminuire il potenziale elettorale riposto nell’approvazione prima di giugno dell’autonomia regionale differenziata. Ma è stato un volo fugace e senza prede quello dei falchi di Matteo Salvini nell’ultimo consiglio federale. Le ali hanno ceduto al vento del Nord, quello dei governatori che manco prendono in considerazione l’ipotesi di andare alle urne senza la riforma in tasca, ma anche quello di non pochi vertici del partito, dal capogruppo alla Camera Riccardo Molinari a quello al Senato Massimiliano Romeo, per non dire del padre della riforma, Roberto Calderoli, in quella via Bellerio traslocata nei locali di Montecitorio avevano tenuto il punto con forza. Ancor più di quella che a tratti era parso, nelle scorse settimane, metterne lo stesso segretario lasciando il dubbio circa la nettezza della linea di demarcazione per il varo ella riforma tra il prima e il dopo le elezioni europee.

Dubbi spazzati via del tutto non solo dalle sempre più perentorie dichiarazioni del leader, rese meno complicate da un ammorbidimento di Giorgia Meloni rispetto all’ancora recente atteggiamento ostile a concedere l’autonomia all’alleato come strumento per la campagna elettorale. Ma ancor più dalla fortissima accelerazione impressa proprio nelle ultime ore all’iter parlamentare del testo Calderoli. Una sterzata sulla corsia più veloce che ha fatto intorcinare le budella delle opposizioni, unite (stavolta) nel chiedere l’intervento del presidente della Camera Lorenzo Fontana, confidando nella sua terzietà e spoliazione dagli abiti lumbard.

La questione sta tutta nei tempi. Salvini ormai è arciconvinto della assoluta necessità di portare in dote la riforma all’elettorato che spera di non veder ulteriormente ridursi e magari aumentare pure un po’ rispetto agli inquietanti sondaggi. E per fare questo la data del 29 aprile come approdo in aula del testo va scolpita nella pietra. Da qui la conclusione dell’esame del disegno di legge nelle commissioni dei due rami del Parlamento entro il 24 aprile, con tutta una serie di contingentamenti e corsie a scorrimento veloce che, come detto, stanno agitando le opposizioni. “Stanno cercando ogni strumento per fare ostruzionismo” dice di loro Molinari mentre dà gli ultimi aggiustamenti logistici per il convegno sull’autonomia che proprio questa mattina la Lega terrà a Torino, con la presenza di Salvini, ma anche di Luca Zaia, Massimiliano Fedriga, e naturalmente Calderoli. “I tempi sono dettati dalla calendarizzazione che abbiamo chiesto e che dimostra, ulteriormente, la nostra ferma intenzione di approvare in fretta la riforma”, spiega il capogruppo a Montecitorio che aggiunge: “Ostruzionismo o no, la riforma – assicura Molinari – sarà approvata e questo è quel che conta”. 

Ma bisogna contare anche i giorni che per Pd, M5s e tutte le altre forze di opposizione sono pochi. “Per la discussione generale in commissione – lamentano a Fontana i capigruppo – c’è solo giovedì 11 aprile e per l’esame degli emendamenti sono previsti solo tre giorni dal 22 al 24”. L’intento della Lega, con il sostegno degli alleati, è naturalmente quello di far approvare alla Camera senza alcuna modifica il testo inviato dal Senato. “Il provvedimento in esame non è sorretto da alcuna ragione di necessità o di urgenza” obiettano le minoranze, facilmente smentibili da una lettura più politica che procedimentale.

La necessità per la Lega di arrivare al voto europeo con la riforma dell’autonomia approvata è evidente, chiara ormai perfino a quelli che continuano a guardare più verso il nazionalismo di Marine Le Pen che al federalismo su cui il partito è nato e cresciuto, fino a diventare il più longevo del Parlamento. L’urgenza sta nel calendario con la data del 9 giugno sottolineata. Lì la Lega vuole e deve arrivare dopo una campagna elettorale in cui aver potuto rivendicare la finalmente conquistata maggiore autonomia per le Regioni, traguardo irrinunciabile per il Nord e elemento i riaffermazione di uno dei fondamenti del partito che proprio in quella parte del Paese, da un po’ di tempo, sono parsi a dir poco un po’ offuscati.  

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