INTERVISTA

"Non possiamo non dirci antifascisti". Molinari "controvento" a Salvini

Trent'anni dopo i fischi a Bossi al corteo di Milano, il 25 Aprile continua a dividere. Il leader della Lega presenta il suo libro di memorie, il capogruppo come ogni anno partecipa alla Festa della Liberazione. "Bisogna essere netti e io lo sono da sempre"

“Sarò nella mia città, Alessandria, alle celebrazioni del 25 Aprile. Come ogni anno, da sempre, anche da prima che incominciassi a fare politica”. Sono trascorsi esattamente trent’anni da quel giorno in cui a Milano pioveva che Dio la mandava, Silvio Berlusconi aveva appena vinto le elezioni, la sinistra ne era uscita come un pugile suonato e alla fine della festa, sciolto il corteo, non si capì se Umberto Bossi avesse preso più acqua o fischi. Ma, quel 25 Aprile, il Senatur abbozzò e rivendicò: “Normale che ci sia un po’ di rabbia. Ma il nostro posto è lì. Noi siamo antifascisti”. Non glielo aveva chiesto nessuno di dire cos’era lui, cos’era il suo partito. Lo aveva, appunto, rivendicato da quel palco, dopo aver sfilato in un corteo, non tutto ma tanto ostile. Trent’anni dopo, il tredicenne che allora ascoltava i ricordi del nonno sfuggito ai rastrellamenti nazifascisti sull’Appennino tra Liguria e Piemonte è il capogruppo della Lega alla Camera, guida il partito in Piemonte e ripete quel che diceva quella voce roca di sigarette che di lì a poco per lui sarebbe diventato un mito, poi quella del capo, mai dimenticato, tantomeno rinnegato.

Riccardo Molinari, sono passati trent’anni, lei continua a celebrare il 25 Aprile, ma le polemiche rispetto ad allora sono molto più accese e dure e il segretario del suo partito, Matteo Salvini, dedica la giornata della Liberazione alla presentazione del suo libro Controvento. Il vento è cambiato anche nella Lega rispetto a questa ricorrenza?
“Il nostro partito è nato antifascista, Umberto Bossi lo ha sempre rivendicato. Le stesse radici che poggiano sull’autonomia sono ciò di cui più lontano vi possa essere dal fascismo”.

Però il suo segretario in questo giorno fa altro.
“Fortunatamente nell’ultima intervista ha rivendicato il suo antifascismo, per carità, anche l’anticomunismo. Certo, visto che nell’elettorato di centrodestra c’è una parte che ormai vede il 25 Aprile come la festa della sinistra, ci sta pure che un leader politico prenda una posizione un po’ più sfumata. Da parte mia, invece, sono convinto che su questo argomento si debba essere netti. E io lo sono sempre stato”.

Il caso del monologo di Scurati, le ossessive richieste di dirsi antifascista rivolte a Giorgia Meloni, l’allarme lanciato ormai in continuazione dalla sinistra e intanto la Festa della Liberazione diventa sempre più divisiva. Vien da chiedere se sono trascorsi invano trent’anni dai fischi a Bossi, cui tutto si sarebbe potuto dire fuorché d’essere un fascista?  
“Penso che sia una polemica, oggi ulteriormente amplificata dal clima elettorale, dove opposte ipocrisie giocano su questa data per alimentare gli istinti più bassi del rispettivo elettorato, facendo del male alla ricorrenza. Da una parte c’è una sinistra che vorrebbe appropriarsi di una festa che è e deve essere di tutti i democratici, dall’altra parte c’è una destra che con questa ambiguità, usata sempre In maniera furbesca per strizzare l’occhio a quelli che fascisti lo sono davvero. Entrambi questi atteggiamenti contribuiscono ad impedire quel clima di unità che dovrebbe invece connotare il 25 aprile. Me lo faccia dire, estremismi che si rinnovano ogni anno in maniera stucchevole”.

La sinistra si è appropriata del 25 Aprile, riscrivendo la storia della Resistenza con un colore solo mentre la lotta di liberazione ne ebbe molti, ma non crede che un po’ di responsabilità ce l’abbia anche quel fronte moderato, lo stesso centrodestra nel non aver rivendicare la legittima partecipazione, a eguale titolo, alla celebrazione?
“Che ci sia stato un parte del centrodestra che un po’ per disinteresse è innegabile. In alcuni casi, per ammiccare a qualche parte dell’elettorato, ha lasciato correre, è vero. Ma c’è anche l’inverso, ovvero tantissima gente di centrodestra convintamente antifascista che per reazione a quella parte che la considera di sua proprietà non partecipa”.

Domanda secca: ha senso chiedere alla premier, ai ministri, ma anche allo stesso leader del suo partito di dichiararsi antifascisti?
“Per me, ma ancor prima per la Costituzione, l’essere antifascista è un prerequisito per partecipare alla vita pubblica del Paese. Certo è che chi costantemente vuole dare patenti e legittimazioni non fa altro che rendere divisiva la festa del 25 Aprile e alzare il livello delle polemiche e dello scontro. L’altra parte per non darla vinta alla sinistra non dice ciò che le vien chiesto di dire. È bizzarro continuare a chiedere di dichiararsi antifascisti, ma lo è altrettanto non dichiararsi tali”.

Lei sarà a celebrare la Liberazione mentre Salvini presenta il suo libro, lei insieme a una parte del gruppo alla Camera si astiene sull’ordine del giorno del Pd sull’aborto mentre il resto della maggioranza vota contro. Cosa sta succedendo?
“Niente di stravolgente. Semplicemente sui temi etici come Lega abbiamo sempre lasciato la libertà di coscienza. Ma in questo caso c’è stata una strumentalizzazione da una parte e dall’altra su un tema molto delicato. L’ordine del giorno del Pd non riguardava la presenza delle associazioni del terzo settore nei consultori, perché questo è stato approvato con un emendamento al Pnrr votato anche dalla Lega. Noi infatti non pensiamo che la presenza di queste associazioni violino o intacchino la 194”. 

Quindi una polemica sul nulla? Non pare.
“No, anzi l’ordine del giorno partiva proprio da questa polemica, ma nel dispositivo, ovvero nel testo, impegnava il Governo a garantire l’applicazione della stessa 194. E come fa un Governo a sostenere che non farà applicare una legge dello Stato?”.

Un trappolone? 
“Esattamente, era un trappolone della sinistra e ci sono cascati. Abbiamo cercato di farlo capire al Governo in tutti i modi, ma non hanno voluto cambiare il parere negativo e allora, in coscienza, come si poteva votare contro l’applicazione dela legge? Il dibattito però è stato tutto su pro aborto e contro aborto. Anche in questo caso ha prevalso l’ideologia: da un parte la sinistra che accusa di voler vietare l’aborto e dall’altra una destra che per rivendicare una scelta di aprire alle associazioni provita è andata avanti a muso duro, forse ammiccando un po’ agli antiabortisti. Un gioco simile a quello del 25 aprile, che alla Lega in un caso e nell’altro non può e non deve appartenere”.

print_icon