VERSO IL VOTO

Voto disgiunto nel centrosinistra, è Pentenero a fare gli scongiuri

Altro che i due "dissociati" della Lega, chi rischia davvero è la candidata del Pd. L'ala riformista del partito non la voleva, gli elettori moderati la considerano troppo di sinistra e la sua campagna arranca. Anche così Cirio potrebbe espugnare Torino

Non sono così ingenui da farci un video, ma da quelle parti la tentazione è certamente più forte che nella Lega. Il voto disgiunto, una prassi tradizionalmente considerata marginale alle elezioni regionali, potrebbe colpire il Pd ben più che il centrodestra. Lo sa bene Gianna Pentenero, che a guardare la clip diffusa dalla candidata leghista Sara Zambaia, in ticket con il presidente del Consiglio Stefano Allasia, ha fatto gli scongiuri. Il voto disgiunto è la possibilità concessa all’elettore di scegliere una lista e contemporaneamente il candidato presidente di uno schieramento avverso. Sulla scheda, ad esempio, si può votare la Lega e la candidata presidente del M5s Sarah Disabato, come suggerisce Zambaia nell’ormai celebre video-gaffe, oppure crocettare il Pd e il nome di Alberto Cirio. Una pratica che attiene a un elettorato “raffinato”, un segnale da mandare a qualche caporione locale o ai vertici nazionali. Insomma, il voto disgiunto è quello che si fa ma non si dice, perché in fondo è un po’ come tradire la propria squadra. Qualcuno nel centrosinistra ci pensa da tempo.

Nella famigerata società civile c’è già chi si è già piazzato a mezza via tra i due schieramenti, come il notaio Andrea Ganelli, un tempo ultrà del sindaco di Torino Stefano Lo Russo, forse il suo primo sponsor in campagna elettorale, che ora guarda con interesse a Cirio, ma che – allo stesso tempo – sta dando una mano a Daniele Valle, tra i candidati di punta del Pd. Per quell’area riformista, in particolare torinese, che aveva osservato con curiosità la candidatura di Lo Russo, volto moderato e pragmatico di un partito che spesso cede a sbandate identitarie, Pentenero rischia di essere indigesta. Troppo contigua con la Cgil, scelta attraverso quello che molti hanno vissuto come un putsch del partito nazionale e in particolare dei due ascari di Elly Schlein, la premiata ditta Taruffi & Baruffi specialista in sfracelli elettorali. E poi, da quando è stata messa alla testa del centrosinistra piemontese, Pentenero ha arrancato: una campagna che non è mai decollata, appuntamenti spesso a rimorchio dei candidati consiglieri, nessuna proposta in grado di accendere il dibattito mentre i sondaggi la danno distante tra i venti e i trenta punti rispetto al governatore uscente; nessun segnale di ripresa, nonostante a livello nazionale il Pd sembri ridurre le distanze da Giorgia Meloni.

Nell’ultimo sondaggio realizzato da BiDiMedia per lo Spiffero certe tentazioni iniziano a manifestarsi come un campanello d’allarme. Pentenero è data al 33%, le liste della sua coalizione, sommate, arrivano al 33,5. L’ex assessora di Lo Russo (e prima ancora di Sergio Chiamparino e Mercedes Bresso in Regione) pare non essere un valore aggiunto, anzi. Secondo i più attenti osservatori questo è il motivo per cui nel sondaggio Piepoli, commissionato dal Pd e fatto filtrare la scorsa settimana, viene riportato il risultato delle liste ma non quello dei candidati presidente.

Il voto disgiunto è un fenomeno che rischia di verificarsi soprattutto a Torino, il fortino rosso che Cirio vuole espugnare. Cinque anni fa la coalizione di Chiamparino ottenne il 33,3% mentre lui arrivò al 35,8. Due punti in più, conquistati in gran parte nel capoluogo, dov’era stato sindaco. Ora l’effetto sembra quello opposto. Nel 2019 sotto la Mole Cirio era poco più d’un parvenu, il candidato barotto che si veste con l’abito della festa per andare in città, quel gessato blu elettrico sfoggiato prima in campagna elettorale e poi durante buona parte del suo mandato. Ma dopo un lustro, la diffidenza iniziale s’è mutata in simpatia per quel politico brillante, dalla battuta facile e che “risponde sempre al telefono”. La legittimazione offerta da Lo Russo attraverso la concordia istituzionale che li ha visti complici e allineati sulle politiche di edilizia sanitaria e nella trattativa con i vertici di Stellantis per Mirafiori, ha fatto il resto. Nel 2019 Chiamparino ottenne il 50,1% nel capoluogo, staccando di 15 punti Cirio che invece prevalse il tutto il resto del Piemonte. Questa volta anche Torino è contendibile.

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