POLITICA & GIUSTIZIA

Lo Russo denuncia, Appendino vince. E il conto lo pagano i torinesi

Ennesimo capitolo della disfida tra gli ultimi due sindaci di Torino. Dalle aule della politica a quelle dei tribunali. Ironia della sorte: dopo l'assoluzione sul caso Ream, la grillina otterrà il rimborso delle spese legali dal Comune. E il primo cittadino ora deve sganciare

È l’ultimo atto della disfida infinita tra Stefano Lo Russo e Chiara Appendino. L’ultimo riverbero di un conflitto che si è consumato tra le aule della politica e quelle dei tribunali, dalle interrogazioni alle carte bollate. La settimana scorsa Palazzo Civico ha annunciato una variazione di bilancio: 200mila euro per impinguare il fondo destinato al rimborso delle spese legali per gli amministratori, oggi il provvedimento è stato approvato in Consiglio. Il sindaco dovrà rifondare l'ex sindaca. Proprio lui, ironia della sorte, che l’aveva portata davanti a un giudice.

I fatti risalgono al 2017, anno in cui l'attuale primo cittadino, allora capogruppo del Pd in Sala Rossa, firma, assieme ad altri colleghi dell'opposizione, l'esposto per un presunto falso in bilancio della giunta pentastellata di Torino. Di fatto denuncia Appendino per quei 5 milioni di caparra versati dalla Ream, allora presieduta da Giovanni Quaglia, per ottenere la prelazione sull'area ex Westinghouse che, secondo le opposizioni, il Comune aveva omesso di inserire nel bilancio 2017. Ne nasce un processo che dura sette anni. Nel 2018 arriva il rinvio a giudizio, nel settembre 2020 la condanna in primo grado: Appendino prende 6 mesi per falso ideologico, stessa condanna per il suo assessore al Bilancio Sergio Rolando, mentre per l’allora capo di gabinetto Paolo Giordana arriva una pena di 8 mesi. Un terremoto. Appendino si autosospende dal Movimento 5 Stelle. La partita giudiziaria prosegue anche dopo che Appendino lascia Palazzo civico per essere sostituita proprio dal suo accusatore. A maggio 2022 la Corte d’Appello ribalta la sentenza di primo grado e l'assolve, l'anno dopo la Cassazione mette fine alla vicenda con la conferma della sentenza di secondo grado. Un calvario di sette anni che ha avuto forti ripercussioni politiche e che forse può aiutare a comprendere perché a Torino, più che altrove, sia così difficile tracciare il perimetro di un campo largo, di un'alleanza tra il Pd di Lo Russo e i Cinquestelle di Appendino.

Dunque ora tocca al Comune pagare le spese legali dei propri politici assolti. Questo lo ha chiarito la stessa assessora al Bilancio Gabriella Nardelli venerdì scorso quando, in Commissione, il capogruppo 5 Stelle Andrea Russi ha chiesto spiegazioni su quello stanziamento inserito nell'ultimo assestamento. È una legge del 2015 (decreto n°78) a stabilire che gli enti locali possono “assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato”, estendendo così ai politici una norma che prima valeva solo per i dirigenti. È ammesso anche il rimborso delle spese legali qualora il politico sia stato archiviato o assolto. Ed è proprio il caso di Appendino e dell’allora assessore Rolando.

“Io spero che prima o poi qualcuno chieda scusa” attacca Russi, capogruppo M5s al Comune di Torino. “Non solo non mi scuso, penso che sia stato corretto farlo”, gli ha risposto il sindaco Lo Russo, che evidentemente anche di fronte alle sconfessioni più dolorose è portato per carattere al contrattacco: “Sono disponibile a venire in controllo di gestione per approfondire le spese da contenzioso legale nella precedente amministrazione, sia quelle citate nello specifico dal capogruppo (Russi, ndr) sia tutte le altre, ce n’è una discreta letteratura”, ha risposto il sindaco. Intanto, gli toccherà rimborsare Appendino. Non a lui, ai torinesi.

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