TRAVAGLI DEMOCRATICI

Pd, tregua (armata) in Piemonte.
Si tratta sulle poltrone in Regione

La segreteria di martedì si è chiusa con la tradizionale analisi della sconfitta e qualche buon proposito per il futuro. Nessun congresso all'orizzonte. Pentenero capogruppo, Canalis verso la vicepresidenza di Palazzo Lascaris. E ora a finire nel mirino è Mazzù

È un clima di calma apparente quello che si respira nel Pd del Piemonte. Alla segreteria di martedì sera non è andato in scena alcun redde rationem, la solita pacata analisi della sconfitta e qualche buon proposito per il futuro, dalla scuola di formazione politica, che partirà a settembre, all'istituzione del forum degli amministratori. Nessuno ha accennato alla richiesta di un congresso anticipato, evocato nei giorni precedenti da Chiara Gribaudo e Anna Rossomando, seppur con sfumature diverse. “Non ne comprenderei le ragioni” aveva reagito il segretario Mimmo Rossi che peraltro sfoggia un risultato che dovrebbe metterlo al riparo da polemiche e attacchi: il Pd alle regionali ha ottenuto il 23,95%, un punto in più rispetto al 22,93 delle europee. E se la sconfitta di Gianna Pentenero è stata la più larga mai subita dal centrosinistra in Piemonte, la responsabilità sarebbe quantomeno da condividere con il resto del gruppo dirigente locale e con quello nazionale. Nessun capro espiatorio e anzi disponibilità, almeno a parole, a iniziare un percorso unitario in un passaggio non banale che prevede l’indicazione di capogruppo e vicepresidente  del Consiglio a Palazzo Lascaris e del successore di Nadia Conticelli in Sala Rossa.

Rossi ha già intrapreso i primi colloqui informali e se nessuno, per il momento, pare mettere in discussione la scelta della Pentenero di guidare la falange dem nell’opposizione ad Alberto Cirio, sulla vicepresidenza del parlamentino piemontese ci sono ancora dei passaggi da espletare. Non è scontato – dicono dall’area di Elly Schlein – che spetti alla minoranza. “Se non si troverà un accordo il gruppo vota” afferma Nadia Conticelli, consigliera regionale e presidente del partito, ben sapendo che l’area che fa riferimento alla segretaria ha la maggioranza dei consiglieri (8 eletti su 13 in attesa del conteggio della Corte d’Appello). Tra i bonacciniani sono almeno due coloro che puntano a quella casella: Monica Canalis, forte dell’investitura popolare che l’ha portata oltre i 10mila voti, e l’alessandrino Mimmo Ravetti.

Cariche e posizionamenti che si svolgono con un occhio fisso al 2027 quando, oltre al Comune di Torino, si andrà al voto per le politiche. Quattro dei sei parlamentari piemontesi dem in carica sono al terzo mandato e potranno ottenere un posto in lista solo se il partito concederà loro una deroga. Magari a uno o a due, difficile che lo faccia per tutti. Si tratta della vicepresidente di Palazzo Madama, Rossomando, della deputata Gribaudo, dell’ex Articolo 1 Federico Fornaro e del cuperliano Andrea Giorgis (cui si aggiungerebbe Piero Fassino, eletto in un’altra regione). Su di loro deciderà il Nazareno ma forse una parolina spetterà anche al partito regionale e chissà se è per questo che c’è stato chi ha chiesto una resa dei conti con tanto di avvicendamento al vertice. Un tentativo di ribaltone saltato anche per lo scarso interesse manifestato dalla stessa Schlein a un cambio della guardia, soprattutto vista la lealtà dimostrata da Rossi nei mesi in cui si è talvolta ritrovato a fare da notaio di scelte prese da altri e in particolare dalla premiata ditta Taruffi & Baruffi, specialista in disastri elettorali (anche il Piemonte non ha fatto eccezione).

Semmai a finire nel mirino ora è Marcello Mazzù: gli attacchi continui nei confronti del sindaco di Moncalieri Paolo Montagna hanno indispettito mezzo partito, “soprattutto dopo una campagna in cui si è speso solo per Laura Pompeo”. I vari guai giudiziari del sindaco della quinta città del Piemonte sono cosa nota, così come la sua gestione autoritaria del municipio; la sguaiatezza con cui si è aperto il caso, però, rischia di ottenere gli effetti opposti rispetto a quelli sperati. Nessuna faglia, infatti, si è aperta nella maggioranza moncalierese dove anzi ora la Pompeo risulta ancora più isolata. Non è un caso che nei giorni scorsi, proprio allo Spiffero, Conticelli abbia parlato di un riequilibrio della rappresentanza nella Federazione di Torino. “Se non vi sto bene dovete sfiduciarmi” avrebbe detto proprio a Conticelli martedì sera durante la manifestazione “a difesa della Costituzione” davanti a Palazzo Civico. Frase che il diretto interessato nega.

La partita in Regione s’intreccia giocoforza con quella in Comune dove si cerca un capogruppo in vece di Conticelli. Lei vorrebbe Pierino Crema, per adiacenza correntizia, il resto dei consiglieri sembra orientato diversamente: il più gettonato è Claudio Cerrato, le alternative sono Luca Pidello e Vincenzo Camarda.

Lavori in corso anche tra le altre forze di opposizione a Palazzo Lascaris. Nel M5s dove il ruolo di capogruppo è già stato prenotato dalla candidata presidente Sarah Disabato, e in Avs che verosimilmente sarà guidata da Alice Ravinale, oltre le 8mila preferenze a Torino. Questi due partiti si giocheranno anche il posto di segretario d’aula che i pentastellati rivendicano per sé, mentre il Pd sembra più orientato a garantire gli alleati rosso-verdi.

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