GIUSTIZIA

Non era smog ma aria fritta: tutti prosciolti da Appendino a Chiamparino e Fassino

Il processo non è manco iniziato. All'udienza predibattimentale scagionati i sette ex amministratori comunali e regionali in Piemonte chiamati in causa dalla Procura di Torino per l'inquinamento. Tra questi figurano gli ex sindaci e l'ex governatore. Un'indagine surreale

Tutti prosciolti. È bastata l’udienza predibattimentale per smontare l’impianto accusatorio del cosiddetto Processo Smog, teorema secondo cui l'aria malsana di Torino fosse colpa di chi aveva amministrato la città e la Regione Piemonte negli ultimi dieci anni. Tra gli imputati c’erano gli ex sindaci Chiara Appendino e Piero Fassino, l’ex governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, ma anche gli assessori che hanno avuto delega all’Ambiente nelle loro giunte: Alberto Unia, Stefania Giannuzzi, Enzo Lavolta (che questa mattina è stato assolto da un altro processo, quello denominato Bigliettopoli) e Alberto Valmaggia. Per loro i pubblici ministeri Vincenzo Pacileo e Gianfranco Colace avevano disposto la citazione diretta a giudizio. Il reato contestato era inquinamento ambientale in forma colposa. Dopo sette anni arriva il pronunciamento del giudice Roberto Ruscello che dispone per tutti il proscioglimento in base a quanto prevede il Codice di procedura quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole ipotesi di condanna.

La vicenda ha preso il via nel 2017, quando il comitato Torino Respira guidato da Roberto Mezzalama ha presentato un esposto a Palazzo di giustizia. Viene aperto un fascicolo per inquinamento ambientale e indagati gli amministratori locali che si sono succeduti tra il 2015 e il 2020. Si procede per inquinamento ambientale in forma colposa. La contestazione viene circoscritta a un periodo di tempo che termina nel 2019. Per questo motivo i nomi dell’attuale governatore del Piemonte, Alberto Cirio, e dell'assessore regionale Matteo Marnati sono stati stralciati e inseriti in un secondo filone attualmente ancora in corso di indagine.

Secondo l’accusa gli indagati “cagionavano abusivamente una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile dell’aria della Città di Torino”. Questo perché “adottavano misure inadeguate a eliminare o contenere nei limiti legali i valori di Pm10, nonostante che negli anni vi fossero sempre stati numerosissimi superamenti dei valori limite consentiti”. Resta da capire come la Regione possa essere accusata di politiche inadeguate per Torino, ma adeguate per tutti gli altri Comuni del Piemonte essendo appunto queste politiche le stesse per tutti. O come il sindaco di Torino possa essere più colpevole di quelli di Collegno, Rivoli, Settimo Torinese o altri in cui l’aria è la medesima rispetto al capoluogo.

Per rendere più efficace una indagine dai contorni più politici che giudiziari, il pm Colace aveva depositato una relazione epidemiologica secondo la quale le misure inadeguate e i mancati interventi degli amministratori pubblici avevano determinato fra i 1.000 e i 1.400 decessi “attribuibili”, in base a “dati statistici”, al superamento dei limiti di sostanze inquinanti. Gli sforamenti, secondo i pm, avevano avuto “conseguenze sulla salute delle persone secondo i seguenti dati statistici: incidenza del Pm10 per superamenti del limite normativo pari a 144 decessi attribuibili e 56 ricoveri ospedalieri attribuibili; incidenza del Pm2,5 per superamenti del valore giornaliero raccomandato dall'Oms compresa tra 178 e 407 decessi attribuibili e 184 ricoveri ospedalieri attribuibili; incidenza del biossido di azoro per superamenti del limite normativo pari a 870 decessi attribuibili (di cui 620 decessi per malattie cardiovascolari) e 539 ricoveri ospedalieri attribuibili”. Per il giudice è solo aria fritta.

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