SCENARI

Moratti punta a governo e FI. Tajani trema, Damilano spera (e Cirio drizza le antenne)

Nessuno crede a un suo impiego da europarlamentare "semplice". L'asse con Marina Berlusconi e la rete nel Ppe (era a Cascais). Per Meloni si avvicina il redde rationem con la Santanchè. L'imprenditore acqua & vino pronto a partire per Bruxelles

Pochi riescono a immaginare per Letizia Moratti un ruolo da parlamentare “semplice” nel Circo Barnum della politica europea. Tra questi, difficile pensare ci sia lei stessa. La pluri ex (sindaco di Milano, ministro con Silvio Berlusconi, presidente della Rai, vicepresidente della Lombardia…) non è donna da seconde file, figurarsi quelle più indietro sia pure nel vasto emiciclo di Bruxelles. Dunque non stupisce affatto che il suo nome, in questi ultimi giorni, abbia preso a circolare per il ruolo di commissario, anche se altre prospettive paiono decisamente più concrete.

Nel frattempo, a conferma del ritratto sideralmente lontano da quello di un peone sia pure di rango, Moratti è stata tutt’altro che una comparsa a Cascais in occasione delle Giornate di studio del Partito Popolare Europeo, conclusesi ieri. E pur provenendo proprio da ambienti del Ppe, l’ipotesi dell’ex ministro dell’epoca d’oro del Cavaliere nella squadra di Ursula von der Leyen appare al momento solo una remota possibilità nell’eventualità di un gioco a incastri cui Giorgia Meloni potrebbe essere chiamata in nome dell’equilibrio di genere. Nella scorsa legislatura era stato chiesto agli Stati membri di indicare quali candidati al ruolo di commissario sia un uomo sia una donna e se questa pratica del gender balance dovesse essere confermata, accanto a quello di Raffaele Fitto (il vero e al momento unico candidato della premier) potrebbe comparire quello della Moratti, anche se più delle sue paiono alte le quotazioni dell’attuale direttore del DisElisabetta Belloni data più volte in partenza dal centro di comando dei Servizi e già scelta dalla statista della Garbatella come sua sherpa per il recente G7 in Puglia.

Meno complicata, ancorché non proprio facile, la possibilità che uno scranno di rango Moratti, eletta in Europa con 41.897 preferenze preceduta solo da Antonio Tajani, lo possa trovare a Roma piuttosto che a Bruxelles. Al tavolo rotondo di Palazzo Chigi quello di lady Letizia, nata Brichetto Arnaboldi, sarebbe un ritorno diciott’anni dopo il termine del suo incarico all’Istruzione nel secondo e terzo Governo Berlusconi. E proprio l’eventuale e nient’affatto improbabile concretizzarsi dello schema di Meloni per portare Fitto in commissione europea potrebbe giocare a favore di una assai breve permanenza europea, con biglietto di ritorno per Roma, della donna che – altro aspetto per nulla marginale – sta da tempo acquisendo peso e potere all’interno di Forza Italia e rafforzata stima nella famiglia del fondatore. Per l’eventuale sostituzione di Fitto nell’esecutivo si era prospettato il nome di Roberto Cingolani, attuale amministratore delegato di Leonardo, ma le sue azioni paiono in calo così come non più granitica l’intenzione di puntare su una figura tecnica.

C’è, in prospettiva il posto dell’attuale ministro per gli Affari Europei e il Pnrr, ma proprio questa necessaria sostituzione potrebbe consentire alla premier di affrontare una questione decisamente più complessa e soprattutto fonte di crescente imbarazzo. Anzi, addirittura secondo alcuni tutto potrebbe vedere un’inattesa accelerazione visto il precipitare degli eventi, ovvero la duplice richiesta di rinvio a giudizio per Daniela Santanchè. Nel caso l’istanza dell’accusa trovi accoglimento, ciò porrà Meloni di fronte a una scelta, a detta di molti, inevitabile. La richiesta di dimissioni alla quale la titolare del Turismo difficilmente potrebbe opporsi senza creare uno sconquasso politico in Fratelli d’Italia oltre che nel Governo, porterebbe almeno a due le poltrone da affidare ad altrettanti nuovi ministri.

Sempre negato dalla premier, il rimpasto più o meno consistente appare meno lontano e meno ridotto a una semplice sostituzione del ministro destinato a Palais Berlaymont. Cogliere l’occasione per affidare a Moratti il Turismo, che pare non le dispiaccia affatto, oppure una o più deleghe oggi in capo a Fitto, per Meloni sarebbe anche un modo per inserire nella compagina governativa di Forza Italia una figura non propriamente gradita al vicepremier Tajani, intaccando quel che basta di una leadership non certo sfavillante e una linea forse non sempre perfettamente collimante con quella degli eredi di Berlusconi, Marina in primis. Il rapporto di Moratti con la primogenita è strettissimo e di antica data, le visioni anche su temi come quelli, recentemente posti in evidenza da lei con un certo clamore ed effetto, dei diritti pure. Una sortita quella ddella Cavaliera che non poteva che scuotere il torpore tajaneo e rendere più che palesi i posizionamenti dei vertici azzurri. A partire dal governatore del Piemonte, nonché vicesegretario nazionale, Alberto Cirio, affrettatosi con la rapidità di un furetto a dare piena ragione alla figlia del fondatore, lasciando supporre che prima o poi lo si vedrà sfilare con piume di struzzo al seguito di Vladimir Luxuria al prossimo Pride. 

Di fronte alla prospettiva di un arrivo nel Governo dell’ex presidente della Rai (quando nessuno s’immaginava teleMeloni) si capisce perché il ministro degli Esteri non sia pronto a stappare bottiglie di champagne. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore in questo caso del partito. Già, perché Moratti a Roma, a capo di un dicastero, significherebbe per l’attuale segretario un soffio d’aria sul collo da cervicale assicurata e un futuro incerto. Per scoprirlo non bisognerà, probabilmente, attendere a lungo. E i ragionamenti portoghesi del Ppe, se al momento paiono indirizzarsi sulla proposta di coppia Fitto-Moratti rassicurando Tajani, non è detto possano essere smentiti dalla stessa Meloni con la carta Belloni per il ticket di candidatura e quella Moratti per giocare un’altra partita nel Governo. Con Forza Italia, ma anche con Marina e Piersilvio sempre meno intenzionati, a quanto pare, a esercitare solo il ruolo di finanziatori del partito.

In tutto questo, dal Portogallo passando per Roma, previsioni ed esegesi arrivano pure a Torino dove c’è chi, per evidenti ragione, sarebbe pronto a fare ponti d’oro per Letizia ministro. Lui, al contrario di Tajani, le bottiglie le stapperebbe senza risparmio, non foss’altro perché il vino lo produce. Paolo Damilano, l’imprenditore che s’affacciò alla politica candidandosi a sindaco con la sua “Torino bellissima”, è il primo dei non eletti nella circoscrizione Nord Ovest. Per lui se arrivasse, la giornata delle dimissioni dellla Moratti dall’europarlamento per entrare nel Governo, sarebbe una giornata bellissima. Come dargli torto?

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