RETROSCENA

"Troppo Piemonte al Governo". Fronda interna a Forza Italia

Il probabile trasferimento a Bruxelles di Fitto aprirà a un "rimpastino". Salgono le azioni per Moratti ministro. Lascerebbe lo scranno europeo a Damilano, pronto ad essere usato come compensazione per giubilare Pichetto o Zangrillo. O entrambi

È il miglior candidato per l’Italia alla Commissione europea”. Nell’indubitabile attestazione di stima arrivata a Raffaele Fitto da Antonio Tajani è difficile non vedere anche un risvolto che riguarda più da vicino proprio il partito guidato dal vicepremier e ministro degli Esteri. L’approdo dell’ex governatore pugliese, da tempo in Fratelli d’Italia, a Bruxelles come nelle intenzioni di Giorgia Meloni, sia pure forse in un ruolo diverso e meno pesante rispetto a quello auspicato, significa lasciare libera una poltrona, quella sì di grande peso all’interno del Governo. Tutto lascia supporre che non si tratterà di una semplice sostituzione, con la premier che difficilmente si sottrarrà dalla possibilità di cogliere l’occasione per procedere a qualche altro cambio all’interno dell’esecutivo.

La vicenda giudiziaria di Daniela Santanchè se le richieste di rinvio a giudizio verranno accolte sarà sempre meno sopportabile politicamente e, pur dipendendo formalmente soltanto da lei, le dimissioni potrebbero essere suggerite con una certa decisione dalla premier e in questo caso anche leader del partito del ministro del Turismo. Ma il rimpastino potrebbe non fermarsi qui. Bisogna infatti tornare a guardare a Forza Italia per provare a delineare scenari che tra gli azzurri circolano con sempre maggiore insistenza e attendibilità.

Dunque il posto di Fitto al Governo è uno di quelli più ambìti. Ci sono i fondi del Pnrr da governare e anche quel ruolo di collegamento con l’Unione Europea, oggi dopo le vicende sulla rielezione di Ursula von der Leyen e i segnali di riavvicinamento da parte di Meloni in questi ultimi giorni, potrebbe risultare non meno strategico di quanto non lo sia stato fino ad oggi.

Certo non basta una candidatura per entrare nella Commissione, ma Fitto non solo per essere uno dei pochi insieme alla premier a parlare fluentemente l’inglese a detta di molti ha le carte in regola per passare oltre le forche caudine della valutazione nell’audizione pubblica di fronte al Parlamento di Bruxelles. Se così sarà, non sarà una semplice sostituzione interna al partito del primo ministro. Anzi, Forza Italia intende approfittare dell’occasione per mettere mano alla sua delegazione. E il nome che con più insistenza viene fatto è quello di Letizia Moratti. Pochi hanno creduto e magari tuttora credono che per l’ex sindaco di Milano, già presidente della Rai e ministro con Silvio Berlusconi sia bastevole un ruolo da “semplice” europarlamentare. Ma a sostenere l’ipotesi Moratti sono molteplici i fattori, tra cui un ribilanciamento dei pesi territoriali per quanto riguarda la compagine azzurra di governo. 

“Troppi due ministri piemontesi”, è il mantra che si sta diffondendo tra parlamentari e alti dirigenti azzurri, soprattutto da quei territori che vivono con fastidio quella che ritengono una sperequazione rispetto alla storia del partito e non di meno al peso elettorale degli stessi territori. Aria malmostosa verso quella che viene considerata una sovrarappresentazione piemontese si respira in Lombardia e in particolare e Milano, culla di Forza Italia, terra della famiglia del fondatore, famiglia sempre più presente e interventista nella vita e nel futuro del partito. Proprio dai Berlusconi arriverebbe quello che non può dirsi un semplice endorsement per Moratti, ma ovviamente molto di più. 

E un suo ritorno al governo, dopo molti anni, potrebbe andare più che bene allo stesso Tajani, il quale dopo aver tentato di tenerla a debita distanza dal vertice del partito con un biglietto di prima classe per Bruxelles (un realtà la signora Brichetto viaggia con il suo aereo privato), otterrebbe lo stesso risultato con un ministero. C’è Milano, ma c’è anche il Sud a vedere non proprio di buon occhio quei due ministri piemontesi, Gilberto Pichetto e Paolo Zangrillo, non per questioni personali, bensì per il peso territoriale che viene considerato da Roma in giù qualcosa simile a un’ingiustizia, tanto più rivendicando l’ancora generoso granaio elettorale azzurro del meridione. 

Una sorta di manovra a tenaglia che pare segnare il destino di uno dei due, anche se sempre ambienti forzisti non escludono per entrambi una, pur pui che onorevole, uscita dal Governo con ritorno ai banchi parlamentari. Possibile o, meglio, accettabile per il partito piemontese? Anche in questo caso soccorre uno degli scenari sui tavoli azzurri che proprio al possibile abbandono del Parlamento europeo da parte di Moratti aprirebbe la strada per Bruxelles a un piemontese come Paolo Damilano, primo escluso alle recenti elezioni.

Quanto ai due in bilico, uno è il fratello dello storico medico personale del Cav. e su quella parentela è stata costruita gran parte della sua carriera politica, ma a Zangrillo basterà ancora la riconoscenza della famiglia del fondatore per evitare di dover lasciare il posto alla Pubblica Amministrazione? Legami forti con i Berlusconi e non per interposta persona quelli di Pichetto, non proprio un collezionista di successi (semmai di inciampi e gaffe) all’Ambiente. Un rapporto solidissimo con l’entourage degli eredi, soprattutto aziendale, uomo di fiducia e professionista di conti e bilanci sulla cui scrivania sono passate anche operazioni importanti. A chi toccherà lasciare la poltrona? Tra alcuni azzurri, specie quelli che hanno in uggia il sovrappeso piemontese, la questione sarebbe presto risolta: a casa entrambi. Ma i giochi devono ancora incominciare e l'avvio arriverà da Bruxellles.

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