STAMPA & REGIME

Liguria sul fronte del porto, omnia Secolo saeculorum

Dopo il cataclisma giudiziario e alla vigilia delle elezioni regionali il passaggio di proprietà dello storico quotidiano segna (e forse anticipa) nuovi assetti di potere. La caduta di Toti, finito nel mirino del giornale, chiude la breve direzione Aloia. I piani di Aponte e i rumors su Timossi

Il Secolo breve. Nessun grande cataclisma, seppur l’inchiesta che ha portato agli arresti e poi alle dimissioni Giovanni Toti dalla presidenza della Regione, per la Liguria è qualcosa che politicamente (e non solo) ci s’avvicina molto. E che, altrettanto, finisce con l’intrecciarsi a vicende e ripercussioni tali, a pochi mesi dalle elezioni anticipate, da sommuovere anche quel mondo dell’informazione più o meno naturale coprotagonista sulla scena del maremoto politico-economico-giudiziario le cui onde sono ancora alte.

La brevità del Secolo, compiutamente nella storica testata il XIX, sta semmai nel probabile e altrettanto vociferato imminente cambio alla direzione del quotidiano che, nel caso, risulterebbe appunto la meno longeva della storia del giornale che origina nel 25 aprile del 1886. Data, ovviamente, assai più memorabile rispetto al 16 ottobre 2023 anche se quel giorno dello scorso anno per la prima volta il timone del Secolo XIX venne affidato a una donna, Stefania Aloia, torinese, prima al dorso piemontese del berlusconiano Il Giornale, poi una rapida e brillante carriera a Repubblica fino ad arrivare alla vicedirezione. Passa meno di un mese dall’arrivo di Aloia in piazza Piccapietra e la direttrice si scontra con Toti. Al governatore va di traverso il titolo in prima pagina “Il pesto non va giù” e le susseguenti critiche al mortaio galleggiante sul Tamigi col simbolo della Liguria che per il Pd è “una boiata ridicola costata mezzo milione di euro”. Sarà solo l’inizio. 

Mesi dopo, in piena bufera giudiziaria e con il governatore agli arresti, con un editoriale la direttrice prenderà le distanze, per usare un eufemismo, dall’“urticante”, ipse dixit, rubrica di Mattia Feltri ospitata in prima pagina in cui venivano sollevati dubbi sull’inchiesta e in particolare sulla necessità di privare della libertà Toti, quello che mette il mortaio nel Tamigi e i piedi sullo yacht di sciù Aldo, ovvero Aldo Spinelli l’imprenditore accusato di corruzione e dominus dei terminalisti portuali. Non il solo, però. L’altro, che è pure armatore e tante altre cose, è il suo amico-nemico Gianluigi Aponte, “il Comandante”. Pure lui, si raccontava prima dell’inchiesta, non era granché soddisfatto di quel che scriveva o non scriveva il Secolo. Sembra una battuta di un film di Vanzina, invece “me lo compro” è quel che ha pensato e fatto Aponte.

Citato nelle carte, ma non indagato, il Comandante avvia la trattativa col gruppo Gedi prima che la finanza si presenti all’alba da Toti. Il comitato di redazione, alla notizia della cessione del quotidiano con tutto il ricco contorno di testate specializzate nel marittimo, fa scattare l’allarme. Per il cambio di direzione scatta il conto alla rovescia. “Non mangerà il panettone ovvero non sarà confermata dalla prossima futura proprietà di Aponte” scrive, tessendo gli elogi della direttrice, una storica firma del XIX da sempre sul fronte sindacale come Marcello Zinola, ovviamente “felice di essere smentito”.

Nel frattempo, con le dimissioni di Toti, si apre la corsa al dopo con la sinistra palesemente avvantaggiata. E l’informazione - è la stampa bellezza! - nella partita il suo ruolo lo gioca, piaccia o non piaccia. E, piaccia o non piaccia, è difficile non vedere l’ennesimo filo con la bufera politico giudiziaria in un altro colpo di timone, in questo caso è quello di Primocanale, tivù privata genovese il cui editore, Maurizio Rossi, è finito pure lui nelle carte dell’inchiesta per passaggi pubblicitari sui megaschermi di terrazza Colombo che avrebbe venduto a Esselunga, la quale – per i pm – a sua volta avrebbe girato a Toti in cambio dello sblocco di alcune pratiche edilizie. Di questi giorni l’annuncio dell’arrivo, a settembre, di un nuovo direttore dell’emittente, sarà Giampiero Timossi, fino ad ora alla guida di Telenord, ma con una lunga carriera di firma di spicco dello sport, per il Secolo, la Gazzetta dello Sport, una parentesi come capo ufficio stampa del Genoa (la squadra di cui è stato presidente a lungo Spinelli), poi al Corriere della Sera per cui ha avviato l’edizione torinese.

Ma quello di Timossi era, e forse ancora è, uno dei nomi circolati con insistenza proprio per la futura direzione del quotidiano genovese quando sarà perfezionata la cessione ad Aponte, il quale ancora non si sa quale impronta vorrà dare alla testata che fino a un po’ di anni fa, almeno fino al 2014 quando passò dalle mani di Carlo Perrone (discendente della famiglia storica proprietaria del giornale, ma anche dell’Ansaldo) a quelle di John Elkann, fu una corazzata regionale dell’informazione in Liguria. Difficile non immaginare un cambio deciso e visibile nella conduzione del quotidiano una volta nel vastissimo carnet dell’armatore di Msc, il colosso marittimo che appena pochi giorni fa ha siglato l’accordo per l’acquisto di 22 enormi navi portacontainer per un investimento da 5 miliardi, rinsaldando la posizione che lo vede rappresentare il 20% del settore a livello mondiale.

Cifre che, con tutto il rispetto per la storica testata genovese, fanno pensare che il suo acquisto per il Comandante sia quasi come quello di una copia in edicola per i comuni mortali. Lo scopo, naturalmente, è ben diverso e anche le date, avranno pure qui, la loro importanza. Con il voto regionale quasi certamente nell’election day di novembre il principale organo di informazione regionale non potrà che avere una rotta chiara e definita, sia che resti al timone Aloia, sia che come probabile ben prima delle elezioni arrivi un nuovo direttore. Nel frattempo, evocando le commedie di Gilberto Govi, non mancano i colpi di timone che da Piccapietra puntano sull’aborrito sistema Toti e, di conserva, su quel centrodestra che ancora s’arrabatta per trovare un candidato da contrapporre al piddino Andrea Orlando. In mezzo agli immancabili rumors, tra verità e qualche eccesso di fantasia, che legano l’informazione alla politica. 

Come il peso, sempre più importante che in questi ultimi tempi avrebbe assunto nella facitura e nella linea del Secolo XIXGiovanni Mari, uomo dello staff centrale, ma anche puntuto editorialista che per un periodo è stato il capo della comunicazione dell’allora presidente dell’Autorità Portuale Luigi Merlo, consorte della parlamentare di Italia Viva Raffaella Paita, passato dalla poltrona dell’Authority a quella di responsabile dei rapporti istituzionali in Italia proprio di Msc con un intermezzo da consulente dell’allora ministro dei Trasporti, Graziano Delrio del Pd. Attento a cogliere segnali che possono giungere da Vasta Liguria, la chat-pensatoio dell’ex governatore del Pd Claudio Burlando, pure lui a salire la scaletta dello yacht du sciù Aldo senza che però nessuno facesse un plissè, Mari in un articolo sulla vicenda Toti, rimarcando un “grumo di potere tutto maschile”, scriveva: “Vestiti con la gran toga dei dogi, circondati da truppe e troupe, spavaldi e imbattibili fino a prova contraria, gli oligarchi hanno tenuto sempre distanti le donne che ambivano a scardinare gli equilibri, hanno mal sopportato le donne arrivate da lontano in postazioni collidenti”. Parole che potrebbero essere rilette, nel caso in cui a dirigere il Secolo XIX torni un uomo, anche sotto un’altra luce. Che, per Genova e la Liguria in vista del darsi un nuovo governo, sembra sempre più lontana da quella della Lanterna.

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