Diritto negato

A un dipendente della Regione Piemonte viene rifiutato un anticipo sulla liquidazione e così, per non perdere la casa, finirà in mano agli strozzini. Una possibilità invece concessa ai consiglieri. La denuncia dei colleghi

Una dipendente del Consiglio Regionale del Piemonte per un pignoramento della casa dovuto ad un sospeso di spese condominiali per un ammontare di 8 mila euro lievitato con gli oneri a 10 mila euro, si è vista rifiutare dall’Ente un acconto sulla liquidazione “perché la Legge non lo consente”, ed offrire una non soluzione di “piccolo prestito” per nemmeno la metà della cifra richiesta con rate mensili da trattenere in busta paga, e comunque lasciando scoperta la rimanenza! In tutti i casi con 1.260 euro di stipendio non si potrebbe restituire alcun che se non a condizione di accumulare nuovamente insoluti o a scelta rinunciare ad alimentarsi! Riesce difficile comprendere perché la Legge in alcuni casi sia così diabolicamente “chiara”, e come non si presti ad alcuna “interpretazione”; mentre si è costretti ad assistere ogni giorno a funambolismi legislativi atti ad adattarsi alle “circostanze”, dove giocando sull’ambiguità si “sistemano” questioni di ben altra caratura, vedi esempi a caso: vagonate di consulenze esterne anche stravaganti ed illecite bizzarre consulenze affidate a pensionatie relativi ingenti esborsi, ecc.ecc.!

Ma tant’è, dalla sera alla mattina si vanno a varare provvedimenti penalizzanti per i “fannulloni” della p.a. quali la detrazione di 4 euro sul buono pasto giornaliero, (800 euro annui) che dall’entrata in vigore di questa misura di “risparmio”, (un vero e proprio scippo) ha maturato – ad oggi - un mancato introito di circa 2.000 euro per ogni dipendente, proprio della serie “non metteremo le mani in tasca agli italiani” “gli toglieremo solamente il pane di bocca”! Salvo regalarci (forse) prossimamente 200 euro all’anno! Che dire poi dell’introduzione della “penale” (anche questa “celere”) a partire da circa 15 euro per ogni giorno di malattia, unita agli “arresti domiciliari” imposti dalle ore 9 del mattino alle 13 e dalle15 alle18 con tutte le implicazioni di ordine pratico ed esistenziale che ciò comporta? E, come non plaudire all’ulteriore legge atta a scongiurare che dipendenti malati di cancro e comunque tutti coloro che devono ricorrere a terapie salvavita possano furbescamente approfittarsi della patologia per godere di giorni di svago gratis!? Per costoro, dal computo dei giorni di malattia si escludono unicamente i giorni in cui si sottopongono alle terapie vedi: chemioterapie, radioterapie, dialisi, etc. in strutture ospedaliere, i giorni successivi passati a casa a “spassarsela” vengono conteggiati nel computo (oltre alla penale giornaliera succitata) che prevede un massimo di 270 giorni nel triennio per poter percepire l’intero stipendio dopo di che inizia il conto alla rovescia che stabilisce la riduzione del medesimo in misura percentuale progressiva al progredire dei giorni di assenza, sino al licenziamento. Tutto ciò sicuramente per contribuire a stimolare positivamente il lavoratore nel suo percorso di riabilitazione psico/fisica!

Quanto sopra, unito ad un blocco dei contratti previsto sino al 2017, (e conseguenti mancati aumenti di stipendio, stabilito anche l’addio agli arretrati maturati!) ed a un prelievo fiscale in busta paga che veleggia allegramente verso il 50%, fornisce lo squallido quadro della situazione reale nella quale si dibattono i “privilegiati” della p.a. Se si aggiungere la gratuita penalizzazione, (quale regalo di Natale) dell’essere costretti a “consumare” i propri giorni di ferie per giustificare l’assenza dal posto di lavoro causa la chiusura delle sedi del Consiglio, provvedimento motivato dall’esigenza di inviare un “forte segnale” di spending review, diventa di conseguenza inevitabile non ravvisare l’instaurarsi di un regime sanzionatorio!

In definitiva, uno stipendio di 1.260 euro (già considerato ai limiti dell’indigenza visto che da diritto con il codice 05 all’esenzione del ticket sui farmaci!) decurtato in poco più di 2 anni di2.000 euro di buoni pasto ; nel caso in oggetto: di circa 1.800 euro di sanzioni per giorni di mutua; di 850 euro di IMU - il doppio della vecchia ICI -; l’innalzamento dell’iva di 2 punti con un aggravio di un’abbondante 10% sul costo della vita; aumenti di gabelle varie; fa si che indebitarsi diventi inevitabile, e pur avendo dato fondo ai risparmi per poter sopravvivere, ad un certo punto estinguendosi le risorse, nel caso specifico, ci si trovi nella condizione di chiedere un anticipo sulla liquidazione! Pretesa “inusitata” come sopra descritto, e pertanto ricusata, che a tutti gli effetti si traduce nel più prosaico: “arrangiati” e nonrompere! Anche qui, della serie:”mettere al centro la persona!”

Si tratta di piccole cifre, se rapportate a quelle per le quali si sta immobilizzando l’attività politica di un intero Ente e che riempiono quotidianamente le pagine di cronaca dei nostri giornali, vicende che non avrebbero avuto ragione d’essere se solamente con la medesima solerzia applicata con accanimento nel render chiare ed intellegibili le norme a sfavore dei dipendenti, si fosse provveduto a sgombrare il campo da ogni possibile “interpretazione”,“deroga”, “fatto salvo” inseriti nelle leggi e provvedimenti che riguardano il “parco” Eletti! Si sarebbe evitato di accollare ai contribuenti anche gli onerosi costi delle inchieste e dei procedimenti!

Le “piccole cifre” non fanno notizia, ma nel caso specifico hanno una forza devastante nel decidere il destino di un soggetto, solamente quando si arriva a “toccare con mano” sprofondando nella più cupa disperazione, si può avere la percezione esatta di quanto sia inadeguato il nostro Sistema nel tutelare i diritti dei lavoratori, di quanto le Leggi siano così lacunose e farraginose, di quanto questo “navigare a vista” non possa che rivelarsi fortemente destabilizzante per tutte le categorie di cittadini. Essere costretti a prendere atto che per un debito di 10.000 euro si possa avere l’esistenza rovinata e vedere sottrarsi l’unico bene frutto di una vita di sacrifici, è cosa ben ardua da digerire; constatare che un’Amministrazione Pubblica della quale si è dipendenti e che nel codice di comportamento impone un rigoroso rispetto per il decoro all’immagine della stessa ecc. ecc., a Sua volta non si periti di dimostrarsi così matrigna nei confronti dei suoi addetti lasciando che “si arrangino” non è semplicemente “indigesta” ma bensì “rivoltante”! Per “arrangiarsi”, nell’immediato, non rimane che giocarsi la carta del prestito affidandosi agli strozzini, salvo poi presentare il conto alla Consulta Regionale Antiusura, alla Commissione Regionale Antimafia di fresca costituzione e, autoproclamandosi “vittima” godere poi di tutti i risarcimenti e benefit come da protocollo! O forse resta l’antica pratica dell’”arrangiarsi” al femminile (fare marchette), ma qui la faccenda si fa ardua… a meno che… non esistano estimatori del vintage!

Infine, quali che siano le soluzioni da adottare, per non lasciarsi sommergere dalla melma, quale possa essere il prezzo da pagare, non risulterà difficoltoso individuare come “fonte ispiratrice” - o forse il termine più appropriato potrebbe essere: “fonte istigatrice” - il Consiglio Regionale del Piemonte, un ennesimo lusinghiero ritorno d’immagine!

p.s. i Consiglieri possono ottenere un anticipo sulla liquidazione, “ la Legge lo consente”!

 

*dipendente del Consiglio Regionale del Piemonte - Direzione Amministrazione Personale e Sistemi Informativi – Settore Bilancio e Ragioneria Patrimonio Provveditorato

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