Una sconfitta che arriva da lontano

Il conto prima o poi arriva. Per spiegare, a mio avviso, il perché della debacle del centrosinistra in Piemonte, pur con un candidato di tutto rispetto come Sergio Chiamparino e che aveva nella sua squadra amministratori di provata capacità ed esperienza, come ad esempio Gianna Pentenero, occorre partire da lontano. Lontano nel tempo ma molto vicino a quello che è successo negli ultimi anni in Italia in special modo dalle parti del Pd.

La dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776 recita nei suoi primi capoversi queste parole: “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”.

Soffermiamoci sull’ultimo capoverso, dove dice che ogniqualvolta che i governanti vengono a mancare del loro dovere è giusto per i governati opporsi a ciò e porvi rimedio. Ricordiamoci che stiamo parlando della più grande e solida democrazia del mondo. Bene, vi era un partito che aveva ottime strutture, ottimi amministratori creati negli anni, rappresentava i bisogni di chi lavorava e produceva, finché ad un certo momento arrivò un giovinotto dalla parlata arguta che ne prese il comando. Già qualche segno della sua indole lo aveva dato, quando ad esempio diceva: “Non farò mai il segretario di partito o il Presidente del Consiglio perché faccio il mestiere più bello del mondo, ovvero il sindaco di Firenze” oppure “Enrico stai sereno” . Ma il meglio di Matteo Renzi lo si vide quando in effetti lasciò Firenze per la guida del Pd e per diventare Presidente del Consiglio. Beh, sarebbe bene ricordare alcune perle: la finta abolizione delle Province creando l’obbrobrio della Città Metropolitana, stabilendo elezioni di secondo grado per presidente e consiglio escludendo i cittadini e creando il caos nei servizi la riforma costituzionale (fallita) che prevedeva l’abolizione del Senato, salvo poi alle successive elezioni presentarsi candidato proprio come senatore una politica fortemente liberista, del resto uno dei suoi consiglieri era Davide Serra, amministratore delegato del fondo londinese Algebris (bel traguardo per il partito dei lavoratori). Si potrebbe continuare ma è sufficiente, anche perché in periferia chi amministrava sperava sempre che qualcuno bocciasse le leggi proposte da Delrio.

Nessuno all’interno del Pd si è mai opposto concretamente alla politica renziana, ecco perché ho citato la dichiarazione di indipendenza Usa e la mancanza di coraggio prima o poi si paga e lo si è pagato oggi. Il grande successo della Lega lo hanno costruito i buonisti e progressisti bombardando il cittadino sull’accoglienza tout court anche quando lo stesso cittadino perdeva il lavoro a 50 anni suonati e finito di sentire il sermone in tv, appena parcheggiata l’auto, magari in un posteggio d’ospedale, si trovava il solito abusivo che con fare minaccioso pretendeva l’obolo.

Tutto ciò ha portato a spazzar via una intera classe dirigente perché non ha saputo minimamente opporsi al capo. Tutti ne paghiamo le conseguenze, perché la Lega, fortissima a livello nazionale, avrà invece bisogno di anni per formare una rete di amministratori capaci. Complimenti classe dirigente del Pd: ottimo risultato. 

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