Pronti a salvare una vita

Capita di leggere sui giornali, con una certa frequenza, di interessanti iniziative volte a diffondere l’acquisizione e l’uso dei defibrillatori. Nello stesso tempo, però, sul loro utilizzo vengono spesso riportate imprecisioni che in chi legge possono indurre a conclusioni errate. Il punto che ritengo necessario chiarire è questo: a chi è permesso di intervenire con manovre di rianimazione e di utilizzare un defibrillatore, quando si trova in presenza di una persona in arresto cardiaco?

A volte, leggendo articoli di giornale, parrebbe di capire che queste attività, oltre che ovviamente al personale medico e infermieristico, siano riservate esclusivamente a coloro che hanno ottenuto un apposito “patentino” poiché hanno frequentato specifici corsi di rianimazione cardiopolmonare e defibrillazione (BLSD). Questo non è esatto, ed è evidente che non devono esserci dubbi o incertezze su questo punto, altrimenti molti potenziali soccorritori, di fronte a un arresto cardiaco, potrebbero pensare che non sia loro concesso di intervenire. Chiaramente, coloro che hanno frequentato un corso sono più preparati, e quindi a frequentarli dovrebbe essere quante più persone possibile; non sempre però, dal momento che parliamo di emergenze imprevedibili, il caso vorrà che sia uno di loro ad essere presente quando un cuore va in arresto: è statisticamente ben più probabile, purtroppo, che nessuno dei presenti abbia mai frequentato alcun corso. Ebbene, in questo caso, dal momento che un arresto cardiaco costituisce sempre un evidente stato di necessità, in mancanza di personale sanitario o abilitato, chiunque è autorizzato a intervenire.

Lo stato di necessità si realizza perché, se il cuore si ferma, è fondamentale la precocità d’intervento: già a distanza di cinque minuti comincia la sofferenza del cervello, nel giro di pochissimi altri minuti diventa irreversibile e porta a morte. Che qualcuno intervenga subito, in attesa del 118, può quindi essere determinante per la salvezza della persona colpita. Se ci si trova in presenza di un arresto cardiaco, pertanto, cosa possiamo fare? La prima cosa, naturalmente, è chiamare o far chiamare il 112 che a sua volta farà intervenire il 118; purtroppo non è detto che il tutto avvenga entro cinque minuti (quando si chiamava direttamente il 118, in realtà, si faceva più in fretta). Se sul posto sono presenti medici, personale sanitario o persone addestrate attraverso i corsi BLSD saranno questi a dover intervenire, sempre in attesa del 118. Ma se mancano questi soccorritori, cosa può fare un qualunque cittadino che sia disponibile a portare un aiuto immediato, ma nello stesso tempo voglia essere sicuro di non causare ulteriori danni al paziente, di non subirne lui stesso e di non dover un domani andare incontro a critiche o contestazioni, magari anche di natura legale?

La catena della sopravvivenza, vale a dire le azioni da intraprendere per soccorrere il paziente, prevede come intervento più appropriato una serie di azioni successive: avvertire immediatamente il 118, effettuare la rianimazione cardiopolmonare con il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, la defibrillazione precoce. Prima di tutto, ribadiamo, chiamare o far chiamare il 118. Quindi prendere o farsi portare un defibrillatore, sperando che ve ne sia uno disponibile nelle immediate vicinanze (nelle nostre città dovrebbero esserne sistemati di più, e a disposizione di tutti). Subito dopo massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca, e poi defibrillazione. Però, se non si vuole o non si può praticare la respirazione bocca a bocca, anche solo massaggio cardiaco e poi defibrillazione: non è la procedura ideale, ma meglio che niente. Se poi non si vuole o non si può praticare neppure il massaggio cardiaco, si può passare subito a usare il defibrillatore: procedura ancora più lontana da quella ideale, ma pur sempre meglio che niente.

Si può causare un danno alla persona che si sta soccorrendo? Ricordiamoci che un paziente in arresto cardiaco è destinato a morire nel giro di pochissimi minuti, qualunque cosa si faccia per soccorrerlo, ribadisco, è sempre meglio che niente. Il defibrillatore è di utilizzo estremamente semplice, parla e dà con chiarezza le elementari istruzioni necessarie per il suo uso: da solo stabilisce se è necessario e se deve essere erogata la scarica, quindi nessun timore di usarlo in modo inappropriato o di incorrere in responsabilità di qualsiasi tipo. L’ideale sarebbe che tutti siano ben istruiti frequentando corsi BLSD, conseguano il patentino di soccorritore e lo rinnovino, come prescritto, ogni due anni. Dal momento che oggi così non è, e dubito che possa attuarsi neanche in un prossimo futuro, penso che, oltre ai corsi BLSD, sia necessaria anche un’attività di informazione diffusa, possibilmente capillare.

Per quanto ci riguarda e per quanto possibile, a questo fine, per mezzo di iniziative molteplici, ci si sta impegnando da qualche tempo anche in ambito Lions attraverso il Service “Viva Sofia”, di cui sono responsabile per il Distretto 108 Ia3: chiunque dovrebbe saper riconoscere un arresto cardiaco, avere dimestichezza almeno con alcune nozioni elementari di soccorso ed essere in grado di portare un aiuto in quei primi cinque minuti, quelli in cui anche un intervento parziale può salvare il paziente. E, a proposito di questo paziente, incrociando le dita, vale la pena di ricordare alcuni versi di John Donne: “E perciò non chiederti mai per chi suona la campana…”

*Dott. Mario Alfani, già Dirigente Ospedaliero I° livello di Cardiologia e Specialista Ambulatoriale di Cardiologia

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