Torino non può rinviare il riscatto

Lo studio di Mauro Zangola che confronta i dati economici e sociali delle città italiane vede Torino ultima ormai tra le città del Nord per situazione economica e sociale. Torino è ancora una città di eccellenze ma queste da sole non bastano più a farla crescere più della media nazionale, come è stato nel secolo scorso quando Torino, Milano e Genova trainavano lo sviluppo del Paese. Purtroppo chi ha governato la città negli ultimi vent’anni non se ne è accorto altrimenti, come ogni buon amministratore di azienda, avrebbe potuto prendere le contromisure, difendendo di più l’industria torinese e le sue ragioni a Roma. Altrimenti avrebbe potuto cercare di frenare le tante aziende che se ne sono andate negli ultimi dieci anni. Altrimenti avrebbe potuto accelerare la Tav e la linea 2 della metropolitana.

Nulla di tutto ciò. Fassino e Chiamparino non parlano, Castellani viene portato in giro come la Madonna pellegrina ma è proprio il disegno di Castellani che non ha dato tutto ciò che il professore si aspettava. Mentre io nell’azienda privata genovese, che amministro da oltre 5 anni, ogni mese verifico l’andamento del lavoro e il rispetto degli obiettivi del budget annuale, a Torino le giunte di sinistra hanno presentato ben tre Piani strategici senza mai verificarne i risultati. Eppure bastava guardare i dati  del pil piemontese del 2006, che malgrado le Olimpiadi cresceva meno della media nazionale, per capire che da solo il turismo e la cultura non riuscivano a sostituire ciò che si stava perdendo nell’industria. La presunzione  intellettuale della gauche caviar torinese ha fatto il resto.

Chi scrive avvertì nel 2008 e nel 2009 Chiamparino e la Bresso della situazione. Le risposte furono sprezzanti. Torino continuò a perder colpi. La produzione delle auto a Torino diminuì in modo impressionante. Nel 2016 la sfiga si accanì con l’ex capitale dell’auto, perché la gente scelse i cultori della decrescita e si arrivò così a perdere il Salone dell’auto e a dire di No alla Tav. Per fortuna Noi Sì Tav avemmo il coraggio di scendere in piazza a salvare l’opera più importante per il futuro della città. Se avevamo qualche briciolo di speranza nella fusione della Fiat con la Peugeot, il nuovo ad Tavares, scelto dai francesi, all’uscita dalla visita alle fabbriche torinesi ha detto che i nostri costi di produzione sono troppo alti. Una città con un motore economico meno potente e perdipiù non tanto competitivo.

In questa situazione mentre gli effetti del Covid si sono fatti sentire sul commercio, sul mondo della ristorazione, sulle partite iva e sui professionisti, la Giunta grillina sta puntando tutto sulle piste ciclabili. Ma si può? Invece di accelerare il cambio dell’amministratore, come si farebbe in qualsiasi azienda grande o piccola, qui hanno rinviato le elezioni comunali cosicché Torino e Roma, due città molto male amministrate, pagheranno un conto ancora più salato. Ecco perché i torinesi questa volta dovranno andare in massa a votare per votare un sindaco “palluto”, competente, con esperienza di governo, che invece di frequentare i salotti o i ristoranti stellati sappia chiedere a tutti di fare qualcosa in più per rilanciare economia, lavoro e sicurezza, che chiami Torino al riscatto come fecero le amministrazioni dopo la perdita della capitale nel 1864 e nel secondo dopoguerra, quando in pochi anni, la città più ferita dalla guerra, grazie alla sua imprenditoria e a grandi amministratori comunali come Peyron e Grosso poté celebrare nel 1961 Italia 61.

*Mino Giachino, Sì Tav Sì Lavoro per Torino 

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