Questione popolare e cattolica

Caro direttore,
due riflessioni. Un giornale in questi giorni ha dedicato spazio tutt’altro che piccolo per ospitare le singolari prese di posizione dell’ultimo segretario del Ppi, Pierluigi Castagnetti, fautore dello scioglimento del partito nella liberaldemocratica Margherita e sostenitore dello scioglimento di questa nel socialista Pd, che sembra ritrovare un anelito ideale popolare in un convegno dopo venti anni di navigazione sottotraccia, che alla fine ribadisce la “giocata” dentro il Pd. Lo stesso giornale ha ospitato considerazioni “teologiche” da mercatino natalizio di Michela Murgia dal titolo riassuntivo “I cattolici amano un dio bambino perchè rifiutano la complessità”; insomma, mettendola tutta minuscola, i figli della Chiesa Cattolica infantilizzano Dio.

Ora, è evidente che il primo rappresenta la solita coazione a ripetere di una classe dirigente che, avuta in mano un’organizzazione ha dimostrato di rappresentare i primi di quei mediocri, che sono stati protagonisti della sedicente “seconda repubblica”, che hanno preferito mediazioni al ribasso alla resistenza radicata nei valori del popolarismo e nella visione sociale cristiana (il paragone con il metodo di uscita da una egual crisi da parte della dirigenza della Cdu, la Democrazia Cristiana tedesca, è impietoso: là salvarono idee e partito perché non li legarono a salvezze individuali); la seconda appartiene a quelle posizioni radical progressiste che trovano ragion d’esistere nell’attaccare la Chiesa anche a causa di molti cattolici culturalmente subalterni dovuta all’ideologica frattura tra cattolici del sociale e cattolici della morale.

Il problema non sta evidentemente nei cinque minuti di visibilità data a questi due personaggi ma in quello che fanno emergere: il primo sottolinea la necessità di staccare da questi tristi ex tesserati di partiti gloriosi, incapaci di ammettere i gravi errori politici, con ego probabilmente spropositati visto che sembrano considerarsi investiti di ruoli a vita, i destini del miglior pensiero politico di cattolici, ovvero quel popolarismo difeso e mantenuto vivo da personaggi come Alberto Monticone, che nasce autonomo e capace di comprendere la complessità sociale grazie alla sua ispirazione cristiana. La scrittrice, che può essere confutata da qualsiasi studente di teologia, o da chi voglia ad esempio leggersi un San Tommaso d'Aquino, un Gilbert Keith Chesterton, un San Paolo VI, un Joseph Ratzinger, o un convertito come John Henry Newman, ecc., aiuta invece a mettere a fuoco l’evidente questione cattolica che nasce da un arcipelago a volte litigioso, a volte sconsolato, spesso irenista o vicino a somigliare ad una ong, certamente afono, conseguentemente all’apparenza così in difesa da rendere tranquilli “attacchi” di talune piccole stelle costruite sui social o in televisione.

Due questioni in campo, quella popolare e quella cattolica che hanno bisogno di costruire di nuovo ponti di comunicazione, tessuti di connessione per non rimanere in condizioni ripiegate utili a mantenersi ininfluenti, nel mantenimento di piccole posizioni e falsi unanimismi, dentro certi schemi o progetti, da quello della confluenza conservatrice che vorrebbe riverniciare la destra, a quello storicamente infondato dell’unione delle sinistre che è diventato un individualismo dentro quel radicalismo preconizzato da Pier Paolo Pasolini, al frontismo contro il nemico immaginario che devasta la politica che dovrebbe avere invece solo avversari e l’inquietudine per il bene comune.

Castagnetti e Murgia sono utilissimi, dunque, perché spingono a comprendere come superarli riconoscendo all’ispirazione cristiana un’utilità fondamentale nella crisi che stiamo vivendo e che andrebbe analizzata alla luce del popolarismo e quest’ultimo andrebbe messo al passo attraverso tale analisi, grazie anche ad autori nuovi come Chantal Delsol o Adrien Candiard, per citarne due. Appare evidente che il politicismo dell’uno e il politically correct della seconda conducono a rispondere imboccando la strada complessa ma affascinante dell’opposizione allo stato delle cose, immersi nella concretezza della vita a cui richiama Papa Francesco quando delinea quella via per la Pace che è parte del Magistero sociale e non può non essere linea d’azione del popolarismo.

Serve avere il coraggio di non rimanere incastrati tra vecchi prigionieri del loro eterno presente, dei loro sbagli, delle loro ideologie e sapere che esistono, come ricordava Guido Gozzano, “buone cose di pessimo gusto”, che spesso vanno spolverate o, molto meglio, riposte in soffitta per evidente inutilità.

*Giancarlo Chiapello, segreteria nazionale Popolari/Italia Popolare

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