Il Pd e il fascino del crepuscolo

Caro Direttore,
lo “stupore” è il sentimento più ricorrente nei commenti sull’elezione a segretaria del Pd di Elly Shlein: Gianfranco D'Anna, ad esempio, per molti questo partito ha cambiato pelle, è diventato finanche un altro partito. Ma è proprio così? Considerando anche solo le posizioni programmatiche degli ultimi anni, la direzione ideologica sembra essere chiara e quello che viene visto da molti come un cataclisma non è altro che un completamente verso una sorta di partito radicale più o meno di massa o meglio la definitiva consacrazione di una identità woke, legata all’ultraprogressismo e al transumanismo, che ha difficoltà ad aumentare la base dei votanti alle urne ma è in grado di mobilitare una minoranza militante molto radicale che, di fatto, ha sovvertito gli equilibri partitici (come riuscirà la nuova massima dirigente democratica a gestire il cortocircuito di non essere stata scelta dalla maggioranza dei tesserati sarà, poi, una questione nella questione).

Si potrebbe riandare alle parole anti-woke dell’Editorial Board di fine 2021 del New York Times per capire questa direttrice culturale: è sufficiente, forse, in Italia, tenere a mente la profezia di Pier Paolo Pasolini: “Io profetizzo l’epoca in cui il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare un nuovo potere omologato, per creare una nuova inquisizione, per creare un nuovo conformismo e i suoi chierici saranno chierici di sinistra”. Questa è anche la via radicata negli anni sulla nefasta posizione, dai toni pesantemente morialistici, oltre che apocalittici, del frontismo, del tutti contro un nemico e non un avversario politico con cui, una democrazia sana e dinamica porta al confronto e al dialogo.

Il frontismo comporta sempre il rischio, soprattutto in vigenza di un’astensione enorme e quindi di non rappresentatività del sistema, di scontro sopra le righe tra le posizioni ideologicamente militanti (l’appello al frontismo fu rifiutato per una scelta integralmente democratica già da Aldo Moro). Riandando ancora al Pd, sopravviverà in questa parte finale della sua evoluzione? Ci sarà la fuga di cui molti parlano verso l’aggregato di Calenda e Renzi o verso il tentativo di cambiamento in senso conservatore di Giorgia Meloni?

Molti parlano di inquietudine di una sedicente ala cattolico-democristiana. Tali affermazioni comportano alcune considerazioni. La prima necessita la segnalazione di un errore: considerando il combinato disposto del citato programma radicale e dell’adesione al Partito Socialista Europeo si può parlare di cattolici solo individualmente e ridotti al massimo a fare obiezione di coscienza sulla visione politica, mentre è fuorviante parlare di ala democristiana solo riferendosi, in molti casi, ad una appartenenza ormai persa nel tempo: più corretta è la gramsciana definizione di “cattolicismo democratico” che rappresenta essenzialmente un'azione, un metodo, verso il suicidio politico e la sparizione a sinistra che nessuna costruzione di “santini” a tavolino può evidentememente scongiurare. Alla luce di tutto ciò al massimo potranno esserci fuoriuscite di pezzi di vecchia classe dirigente, perché il popolo è perso da tempo. Questi tronconi di una generazione di mezzo che è passata di partito in partito potrebbe fare rete verso i lidi indicati in tante riflessioni di questi giorni(punto di domanda) Se è metodo e non identità che presuppone una fatica, quella della connessione, dell'autonomia, della coerenza, dell'orgoglio di un pensiero sostituibile da una sorta di centrismo non aggettivato per poterne fare contenitori “a maglia bernarda, che più la tiri più s’allarga”, assolutamente sì, senza grande patema tra le due scelte, basta una buona trattativa e un po' di retorica autoassolutoria.

Il popolarismo non è questa roba qua, non ha mai avuto casa nel Pd, non è il nome di un mero fronte, per assonanza con la parola populismo, contro qualcuno o qualcosa, perchè non può perdere la dimensione visionaria che l'accompagna e l'aspirazione a riprendersi la guida del Paese e il proprio ruolo in Europa a partire dal ritorno in famiglia nel Partito Popolare Europeo con la piena consapevolezza delle radici ben affondate nell’ispirazione cristiana. Durante lo storico incontro internazionale tra Popolari e Democristiani di lingua italiana tenutosi a Lugano analisi e visione hanno confermato, soprattutto da parte dei tanti giovani che hanno orgoglio nel dirsi popolari e democratici cristiani, centristi con identità chiara, che tra i populismi e le ideologie di destra e sinistra e i meri “entrismi politici”, il popolarismo, le democrazie cristiane, possono a questi lanciare una sfida con la consapevolezza usata, ad esempio, dal Segretario internazionale di Giovani del Centro Svizzeri, Michele Roncoroni, nel suo articolo apparso sul numero speciale de “Il Popolo Nuovo”, la newsletter nazionale popolare: “è necessario anche acquisire consapevolezza del considerevole lasso di tempo che i partiti di ispirazione popolare e democratico-cristiana hanno vissuto all'apice della scena politica europea. A partire dal dopoguerra hanno contribuito in prima linea a plasmare la società europea dei giorni nostri, consolidando la democrazia e colmando divisioni sociali e politiche. In definitiva possiamo affermare che ogni apice è indotto per forza di cose a convivere con il timore del proprio crepuscolo, che in fondo però altro non è se non il principio stesso del nuovo giorno che verrà. Ecco il fascino del crepuscolo”.

*Giancarlo Chiapello, segreteria nazionale Popolari-Italia Popolare

 

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