Fare, non troppo parlare

Il “bollettino di guerra” dell’alluvione, che ha colpito nei giorni scorsi l’Emilia-Romagna, parla di 23 canali esondati, 300 frane, 500 strade interrotte, 15 morti, un numero ancora incerto di dispersi e oltre 36mila sfollati di cui ben 27.775 nel ravennate. I danni provocati, sotto il profilo economico, si aggirano tra i 4 e i 5 miliardi di euro anche se Il Resto del Carlino preannuncia un possibile aumento fino a toccare quota 8 miliardi. Le case colme di fango, i danni ambientali causati dalle frane, l’agricoltura dove tra i 10 e i 15 milioni di alberi compromessi dovranno essere estirpati e poi le strade sono le emergenze di cui preoccuparsi. Ovviamente ai disastri naturali si è aggiunta la valanga mediatica che si è subito scatenata contrapponendo da una parte chi sostiene che l’alluvione è una conseguenza del “cambiamento climatico” dovuto alle attività dell’uomo, e dall’altra chi afferma che, nel corso dei millenni, alluvioni e terremoti si sono sempre verificati a prescindere dall’Uomo. Poi una esigua minoranza degli italiani, tra cui lo scrittore Roberto Saviano, è convinta che l’alluvione in Emilia-Romagna sia colpa del governo Meloni e delle sue politiche poco o niente ambientaliste, in sintesi: piove…governo ladro!

Lucio Malan, capogruppo di FdI al Senato, ha affermato che: “In ogni campo scientifico non esistono verità definitive, c’è sempre la ricerca. Sul tema del cambio climatico ci sono tante voci, a partire da quella di Franco Prodi (fisico italiano, studioso di fisica dell’atmosfera, ndr), diverse dal pensiero diffuso dai media (…). Poi non è vero che sono fenomeni mai visti negli ultimi decenni: penso al Polesine, all’alluvione di Pisa, di Firenze, di Venezia. I dogmi possono andare bene in altri campi, ma è sempre bene, avere un atteggiamento non assolutistico”. E ancora, sottolineando che il Pnrr non è lo strumento idoneo per affrontare l’emergenza maltempo, ha detto: “Di certo occorre tutelare l’ambiente e predisporre gli strumenti per affrontare fenomeni estremi. (…) In Emilia solo una piccola parte dei soldi sono stati usati per costruire infrastrutture in grado di gestire l’acqua, per la manutenzione del territorio, spesso solo per difendere la fauna locale”. Francesco Boccia, presidente dei senatori dem e Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, replicano a Lucio Malan accusandolo di negazionismo scientifico: “Invece di confrontarci sulle soluzioni e sui provvedimenti da adottare per contrastare la crisi climatica e i suoi effetti che causano nel fragile territorio italiano, dobbiamo ancora stare a discutere sulle parole di un politico male informato che rappresenta un partito che esprime la premier. Tutto questo è semplicemente vergognoso. Ricordo che il premio Nobel Parisi afferma che i cambiamenti climatici sono causati dall'attività umana, in particolare dalle emissioni di Co2. Questo è un punto di vista supportato dalla stragrande maggioranza degli scienziati nel campo, (…). FdI è un partito di negazionisti irresponsabili che rubano il futuro alle generazioni che verranno”.

Nell’aprile del 1968, alla Villa Farnesina di Roma, nacque il Club di Roma dove, su invito degli imprenditori Aurelio Peccei, piemontese, e Alexander King, britannico, circa 30 scienziati, economisti e industriali europei si riunirono per discutere di problemi globali. L’incontro fu un flop monumentale. Fu allora deciso di investire dei fondi per realizzare una serie di rapporti sui “dilemmi dell’umanità” con tanto di cause e cure analizzate scientificamente. Si finanziarono quindi le ricerche di un gruppo di scienziati del Massachusetts Institute of Technology (Mit). Riccardo Ruggeri, ex ceo di New Holland e ora scrittore editorialista, in un suo “Cameo” del 2015, definendo il Club di Roma una bocciofila chic, ricorda che il “nuovo vangelo illuminista” proclamava che: “Entro 40 anni le riserve di petrolio finiranno, l’umanità regredirà all'epoca delle caverne, per tre motivi: fine delle materie prime, insufficienza alimentare, stravolgimento del clima”. Insomma, si era entrati in un periodo di raffreddamento globale perché “noi cittadini inquinatori” avevamo creato uno “schermo” che indeboliva la forza del Sole. “Una ventina d'anni il clima cambiò, i figli degli scienziati del Club di Roma, astuti, capirono che l’intuizione dei loro padri era stata geniale: campare (e molto bene), grazie a finanziamenti pubblici e privati, alta visibilità (e relativi sottoprodotti), disegnando scenari catastrofici, conseguenti al clima. Questa la business idea”. Per contrastare il cambio di clima, il nuovo obiettivo diventò il caldo ovvero il “global warming”, idea che funzionò fino al '98. “Intanto, i figli degli scienziati del '60 erano campati a sbafo, e bene, ora toccava ai «nipoti», questi modificarono il modello di business. Sempre catastrofismo”. Per essere maggiormente incisivi determinarono che coloro che non abbracciavano le loro convinzioni: “se scienziato viene messo ai margini dalla comunità scientifica internazionale, se grande scienziato è definito o «bollito» o «venduto», a noi plebe ci tocca invece la qualifica di «negazionista»”

Gli eventi erano sempre catastrofici ma previsti in una data più lontana, quando saremo tutti morti. Nuova business idea geniale! Se facciamo un po’ di storia dal 1900 ad oggi di “catastrofi” ambientali in Italia ce ne sono state molte. Il Dipartimento della Protezione civile ha aiutato a stilare l’elenco delle dieci alluvioni che hanno causato più morti: 1) Il 25 e 26 ottobre 1954 una parte della Campania, dalla costiera amalfitana fino a Salerno, finisce sommersa da acqua e fango. I morti sono 303. Più di 5mila i senzatetto. Oltre 45 miliardi di lire i danni. 2) Il 5 maggio del 1998 Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano in Campania sono oggetto di alluvione. I morti sono 160. Nelle strade i detriti raggiungono un’altezza di oltre 5 metri. La frazione di Episcopio è sepolta. 3) Il 24 ottobre 1910 muoiono 150 persone tra Salerno, Cetara e Casamicciola, sull’isola di Ischia. 4) Il 3 e il 4 novembre 1966 l’alluvione sommerge Firenze ma risultano devastate anche zone del Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino-Alto Adige. Le vittime sono 118. Almeno 78mila gli sfollati. Circa mille miliardi di lire la stima dei danni. A Venezia l’acqua alta raggiunse il livello record di 194 cm. 5) Dal 14 al 19 ottobre 1951, una tempesta si abbatte su Calabria, Sicilia e Sardegna causando oltre 100 morti e miliardi di danni. 6) Il 21 ottobre 1953 un’alluvione devasta Reggio Calabria e provincia. 100 sono i morti. 7) Il 14 novembre 1951 l’alluvione del Polesine ha provocato 100 morti e più di 180mila senzatetto. In ginocchio, soprattutto, il territorio della provincia di Rovigo e, in parte, di Venezia. 8) Tra il 2 e il 3 novembre 1968 c’è un’alluvione in Piemonte, soprattutto sulla provincia di Biella e Asti. Le vittime sono 74. Danni stimati intorno a 30 miliardi di lire. 9) Tra il 5 e 6 novembre 1994 una nuova alluvione in Piemonte. Le vittime sono 68, 20mila miliardi i danni, oltre 2mila gli sfollati. Particolarmente critiche le province di Cuneo, Asti, Alessandria, Torino e Vercelli. 10) Il 26 marzo 1924 l’alluvione ad Amalfi causa 61 morti.

Ora, tutte queste catastrofi ambientali, a prescindere se causate da fatti naturali o dalle attività dell’uomo, hanno generato grandi tragedie sociali ed economiche che probabilmente potevano essere calmierate se, invece di disquisire sul sesso degli angeli inseguendo improbabili teorie risolutorie, ci si fosse cimentati nella costruzione di opere di prevenzione così come ha fatto il Giappone per i terremoti. E invece continuano ad alimentarsi le “guerre ideologiche” tra integralisti e negazionisti. Eppure, tutte le idee sono lecite, ma mitigare le opinioni, contrapponendo prove e storia, creando un sano dialogo, è quantomeno indispensabile. Per esempio: sul verificarsi delle catastrofi, sarebbe opportuno divulgare, tramite media, i dati conosciuti e comprovati tra incidenza dell’uomo e incidenza dei fenomeni naturali, con un’analisi approfondita di causa-effetto. Ogni volta che avviene un disastro si alimentano discussioni sulle ipotetiche colpe delle politiche sia di destra che di sinistra, invece di cominciare a mettere in pratica, da subito, tutto quanto è necessario a garantire la sicurezza e la qualità della vita del cittadino. Bisogna provaci! Anzi, come dice il vecchio maestro Yoda a Luke Skywalker in Guerre stellari: “Fare o non fare, non esiste provare”, e io aggiungo, “Fare, non troppo parlare”!

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