Difendere l'auto si può

Caro Direttore,
difendere il settore auto italiano allora è possibile, alla faccia di tanti cacadubbi che sorrisero quando a febbraio dello scorso anno feci stampare un manifesto in tal senso.

Ieri alla manifestazione dei 90 anni del Museo dell’Auto molti han preso la parola con riferimento alla iniziativa del ministro Urso che vuole riportare la produzione di auto in Italia a 1 milione di unità, lasciata cadere dai 2 milioni del 1989 (dopo la cacciata dell’ing. Ghidella) ai poco più di 400mila di oggi. Tutti a rivendicare la centralità di Torino dimenticando che l’accordo con Tavares prevedeva una grande fabbrica del riciclo che affiancherà mal produzione della 500 elettrica. Ovviamente, dovremo analizzare meglio i risultati della grande iniziativa presa dal ministro Adolfo Urso che prevede di utilizzare le somme rimaste del fondo Giorgetti, nato da una iniziativa di chi scrive, e dalla conseguente mozione Molinari.

Ora è chiaro che porsi l’obiettivo di difendere con forza il settore auto nel nostro Paese era giusto ed è possibile. Il settore auto che, voglio ricordarlo a chi lo dava per morto, viene chiamato “la fabbrica delle fabbriche” perché l’auto è composta da centinaia di componenti ognuno dei quali prodotto da una azienda diversa e ogni azienda genera ricadute produttive su tanti fornitori diversi. Si può ben dire che l’industria dell’auto nel dopoguerra ha trainato una parte importante della ricerca industriale e dell’industria italiana. Ci ricordiamo cosa significasse per Torino il Salone dell’auto che, rammento agli smemorati, aveva nei saloni a fianco il Salone della Tecnica.

Ovviamente chi negli ultimi anni ha accompagnato il processo di progressiva riduzione del settore arriccerà il naso. Ricordo i sorrisini e le battute quando a fine 2021 a fronte dell’approvazione dell’ultima legge finanziaria del Governo Draghi che non prevedeva neanche un euro per il settore auto, io uscii subito invitando le Regioni in cui vi sono stabilimenti Fiat a dar vita a un tavolo con tutti i parlamentari per chiedere al Governo interventi a favore del settore. Da quella iniziativa cui diedero il loro parere favorevole Fregolent, Laus, Margiotta, Comba, Damilano; da Airaudo e Molinari scaturì la mozione Molinari e lo stanziamento di 8,7 miliardi da parte del ministro Giorgetti. Così, con stupore generale, il premier Draghi pochi giorni dopo nella nostra Sala Rossa poteva inserire nell’elenco delle cose fatte dal suo Governo per la nostra città i fondi per l’auto. Disse testualmente “abbiamo stanziato 8,7 miliardi per il settore auto che per Torino è molto importante”. Quei fondi sono stati utilizzati una prima parte per rifinanziare gli incentivi che hanno tenuto su le vendite e la produzione e la seconda, circa 6 miliardi, ora verranno utilizzati per questo Piano Urso che punta a far ritornare a 1 milione la produzione di auto nel nostro Paese. Con 1 milione di auto prodotte la ricaduta per le aziende dell’indotto sarà importante altrimenti sotto certi volumi il rischio è che qualche azienda dell’indotto di proprietà di gruppi stranieri fosse spostata in altri Paesi era molto probabile.

Rimane aperto il tema del futuro dell’auto. Tutto elettrico o no? Ma a questa battaglia darà una risposta il voto delle europee e delle regionali del prossimo anno. La gente ricorda bene che il Pd in Europa ha votato a favore del tutto elettrico che danneggia pesantemente l’indotto auto italiano. Conosco personalmente il ministro Urso sin da quando eravamo colleghi di governo e conosco la sua competenza e la sua determinazione. In più il Governo ha a disposizione oltre 6 miliardi del fondo Giorgetti e quindi non ha armi spuntate.

Sono orgoglioso di aver fatto alla fine del 2021, mentre in Parlamento deputati e senatori piemontesi votavano una legge finanziaria con zero euro al settore, la battaglia per la difesa del settore auto, perché so bene quante ricadute abbia sul sistema produttivo piemontese e italiano e ringrazio chi ha fatto la sua parte in questa operazione dagli onorevoli Fregolent a Laus, da Comba a Damilano, da Margiotta a Molinari, da alcuni amici della Cisl a Giorgio Airaudo. Mi dispiace invece che molti parlamentari e molti consiglieri regionali piemontesi siano stati fermi a vedere come andava la battaglia di un don Chisciotte della politica piemontese, sicuramente meno affascinante ma più concreto di quello spagnolo. Conto molto sull’impegno del presidente Cirio, il primo con cui parlai della mia iniziativa e mi auguro che a Lo Russo la scuola americana di Bloomberg abbia insegnato qualcosa su come difendere meglio le aziende che hanno fatto la storia del territorio.

*Mino Giachino,  responsabile piemontese trasporti e logistica FdI

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