Tre anni di guerra "asimmetrica"

Il 24 febbraio 2022 la Russia invase l’Ucraina. Il 24 febbraio 2024, sarà l’anniversario del terzo anno di guerra che nelle intenzioni del Cremlino doveva essere lampo. L’invasione militare della Russia in Ucraina pone domande le cui risposte non sono né scontate né banali. Il presidente russo, poche ore prima dell’invasione, aveva tenuto un discorso televisivo ai cittadini e alle Forze Armate in cui preannunciava una “operazione speciale” e non certo una guerra. Per il Diritto Internazionale, infatti, è vietato il ricorso alla guerra. È una norma imperativa (Ius cogens, ovvero inderogabile) e, in particolare, è vietato l’attacco armato contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di uno Stato da parte di un altro Stato (definito “aggressore”) che costituisce un crimine contro la pace (“crimine internazionale”).

Premettendo che sia la Federazione Russa, sia la Repubblica Ucraina sono democrazie rappresentative in cui i cittadini aventi diritto di voto eleggono direttamente il presidente del Paese, si deduce che la democratica Russia ha compiuto un atto di aggressione armata verso un Paese democratico confinante, l’Ucraina, inducendone una reazione di difesa armata: Russia e Ucraina sono quindi in guerra. Senza entrare nel merito fra il diritto dell’aggressore a muovere guerra e il diritto dell’aggredito a difendersi, vorrei analizzare che cosa si intende per “diritto”. Il giusnaturalismo sostiene l’esistenza di un diritto proprio dell’uomo, inalienabile, eterno ed immutabile: il diritto di natura. Il diritto di natura è la libertà che ognuno ha di usare come vuole il proprio potere, le proprie capacità e le proprie abilità, al fine di conservare la propria vita: si deve fare qualsiasi cosa si ritenga necessaria per raggiungere tale scopo senza limitazioni di alcun tipo. Per la filosofia giusnaturalista, tale diritto naturale è perfetto ed immutabile. Contrapposto al diritto naturale è il diritto positivo che fonda e garantisce la propria effettività sull’autorità dello Stato e su chiare norme giuridiche. Il diritto positivo è proprio delle società che, dotandosi di strutture amministrative, giuridiche e politiche articolate, hanno abbandonato lo stato di natura.

Grandi dissertatori sul “diritto di natura” sono stati Thomas Hobbes e John Locke, due autorevolissimi filosofi inglesi del XVII secolo. Per Hobbes il diritto di natura è una realtà conflittuale, una situazione di guerra costante. La competizione, che alimenta gli esseri umani, è mossa dal loro continuo desiderio di possesso che, essendo la natura dotata di risorse limitate, porta inevitabilmente al conflitto reciproco. Lo stato di natura è quindi indesiderabile perché la naturale spinta al dominio genera diffidenza e ostilità: «quando gli uomini vivono senza un potere comune che li tenga tutti in soggezione» si ha lo stato di guerra: “Homo homini lupus” (ogni uomo è un lupo per un altro uomo). Per Locke, invece, lo stato di natura è lo stato perfetto di libertà ed uguaglianza che regna tra le creature «della stessa specie e grado». Nello stato di natura non esiste alcuna subordinazione o soggezione dell’uomo sull’uomo, e quindi non esiste alcuna forma di Governo. Anche per Locke, però, lo stato di natura è indesiderabile perché, anche se razionale, è troppo astratto per poter superare gli interessi personali e non garantisce la pace.

È quindi preferibile abbandonare lo stato di natura e creare un potere superiore a quello dei singoli, un potere che distribuisca equamente le risorse e garantisca giustizia, equità e sicurezza. Per vivere in uno stato di diritto positivo (civile) è necessario che anche il diritto di punire chi attenta alla sicurezza propria o del genere umano, il potere giudiziario che ogni singolo uomo esercita nello stato di natura, venga abbandonato dai singoli e riposto nel Governo per eliminare le costanti situazioni di confusione e disordine che si potrebbero generare se tutti potessero essere giudici assoluti delle proprie azioni o delle azioni altrui. Tornando al conflitto, la Russia, invadendo l’Ucraina, ha violato sia il “diritto positivo” sia quello “internazionale” appellandosi al “diritto di natura”. Secondo il “diritto di natura”, infatti, l’“operazione speciale”, perseguita dal presidente della Confederazione Russa, risulta ammissibile ma non è affatto “comprensibile” la risposta dell’Ucraina e dei suoi alleati occidentali che sono rimasti ancorati ai vincoli del “diritto internazionale” anche difronte a chi quel diritto non lo rispetta: la Russia può bombardare la capitale ucraina ed altre importanti città, mentre l’Ucraina non può sconfinare e si deve solo difendere sul suo terreno.

Analizzando le possibili opzioni si ha che l’Ucraina avrebbe potuto: 1) ripudiare la guerra e cercare di fermare l’aggressore per la sola via diplomatica: in tal caso si sarebbe ottenuta la pace in cambio di una cessione di territori ucraini alla Russia con conseguente “smacco” all’occidente; 2) entrare in guerra contro l’invasore utilizzandone le stesse modalità: la guerra sarebbe stata “giocata” al massimo delle possibilità belliche dei due schieramenti finendo o con la vittoria dell’Ucraina che probabilmente avrebbe posto fine anche all’era Putin con conseguente “smacco” alla Russia, o con la sconfitta dell’Ucraina con la sostanziale annessione di buona parte del suo territorio alla Russia ed uno “smacco” all’occidente con inevitabile ridisegno della geopolitica mondiale; 3) entrare in guerra esclusivamente sul territorio ucraino occupato dai russi, senza sconfinare nel territorio dell’invasore: è la strada scelta dall’Ucraina e dai suoi alleati. Una guerra “asimmetrica” dove l’aggressore opera secondo il diritto di natura e l’aggredito (ed alleati) si difende secondo il diritto internazionale.

Di fatto dopo due anni si è passati da una fase acuta ad una cronicizzazione della guerra, un sostanziale stallo che ad oggi non lascia prevedere, né a breve né a medio termine, la fine del conflitto. Nel “Discorso sulla servitù volontaria” pubblicata nel 1576, Étienne de La Boétie sostiene che qualunque tiranno detiene il potere fintanto che i suoi sudditi glielo concedono. Ne consegue che se un popolo accetta, senza ribellarsi, una forma di governo, quella forma di governo è di fatto legittimata dal popolo. I Popoli devono avere il diritto di scegliere come farsi governare: democrazia, autocrazia, aristocrazia, dittatura… L’importante è che nessuno Stato cerchi di esportare con la forza il proprio modello ritenendolo valido per il mondo intero perché il modello perfetto di governo non è ancora stato universalmente definito…. e probabilmente mai lo sarà. Analogamente è importante che ogni Stato eserciti il proprio diritto di mantenere il modello scelto senza imposizioni esterne e che quindi si difenda dagli attacchi. Ma allora: esiste una soluzione senza guerra?

print_icon