Caro Segretario Morgando

Lettera aperta di un militante e animatore di “Vorrei ma non posso. It’s wedding time!” al leader regionale Pd sulle polemiche nate attorno alle celebrazioni delle nozze gay

Caro Gianfranco, da militante Pd e animatore di “Vorrei ma non posso. It’s wedding time” (la campagna a favore del matrimonio omosessuale che ha organizzato il carro dei matrimoni simbolici al Pride di Torino) sono rimasto quasi senza fiato nel leggere la tua lettera per l’arretratezza delle argomentazioni e la superficialità nel giudicare i matrimoni simbolici e i loro protagonisti. Intanto l’arretratezza delle argomentazioni. Ma per quanto tempo ancora, caro Gianfranco, intendete (tu e tutta la dirigenza del mio partito) andare avanti dicendo che sui temi “eticamente sensibili bisogna ragionare e dibattere per costruire un orientamento prevalente”? Quanto ancora dovete discutere e dibattere? Io mi sono iscritto al Pds nel 1994, un anno prima che Romano Prodi creasse l’alleanza tra progressisti e cattolici riformisti con il progetto dell’Ulivo ed è da allora che usate le stesse identiche parole. È da allora che stiamo cercando “punti in comune”, di “dare risposte alle questioni più controverse”.

 

Perdonerai la franchezza, Gianfranco, ma dopo 18 anni di discussioni delle due l’una: o è impossibile trovare tra voi dirigenti questi “punti in comune” oppure non li si vuole trovare, rimandando sine die la decisione finale continuando a fare vaghe promesse all’elettorato (cioè: cittadini). Io ti faccio una modesta proposta: se non siete capaci voi dirigenti di prendere una decisione chiedete a noi iscritti di farlo. Facciamo un bel referendum interno (sarebbe una prova di straordinaria democrazia insieme alle primarie) su quelli che tu definisci temi “eticamente sensibili” e vediamo cosa ne pensiamo noi semplici iscritti. Poi la superficialità con cui hai liquidato i matrimoni simbolici durante il Pride. Se tu fossi venuto al Pride, se tu fossi salito su quel carro, non dico a celebrare ma ad assistere a quello che stava succedendo parleresti, credo, in modo molto diverso. I celebranti che erano su quel carro non hanno fatto nessuno strappo.

 

La “posizione culturale prima che politica” sul tema del matrimonio omosessuale quei dirigenti e amministratori del Pd se la sono già costruita da un pezzo. Spesso stando vicini alle associazioni Lgbt di Torino e talvolta con il duro lavoro amministrativo al Comune di Torino. Mentre altri stavano dentro i palazzi a costruire ricatti politici (mascherandoli come accordi) per non far approvare la legge contro le discriminazioni per poi vantarsene sui giornali cattolici. Infine ancora una domanda: tu sei cosciente, caro Gianfranco, che quando parli di questi temi parli di persone vere? Parli di donne e uomini reali che vivono vite di Serie B perché questo Paese non è ancora riuscito a dare uno straccio di diritto? Non c’era niente di carnevalesco su quel carro ma solo un grande, forte e collettivo gesto politico. Sii rispettoso di quelle 60 persone che sabato si sono, simbolicamente, unite in matrimonio con le lacrime agli occhi. E sappi, Gianfranco, che quelle erano lacrime di rabbia contro la politica.

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