DIRITTI & ROVESCI

Green Pass, il Garante della Privacy smentisce ministro e Regione

Gli esercenti di bar e ristoranti possono chiedere agli intestatari della certificazione verde di esibire un documento d'identità. Ieri Lamorgese lo aveva escluso e l'assessore Marrone era certo che l'Authority gli avrebbe dato ragione. In serata la circolare del Viminale

Baristi e ristoratori possono richiede l’esibizione del documento di identità per accertare la titolarità del Green Pass. È quanto afferma il Garante della Privacy rispondendo al quesito rivolto all’Autorità dalla Regione Piemonte sull’attività di verifica e di identificazione da parte degli esercenti di pubblici esercizi. “Le figure autorizzate alla verifica dell’identità personale sono quelle indicate nell'articolo 13 del d.P.C.M. 17 giugno 2021 con le modalità in esso indicate, salvo ulteriori modifiche che dovessero sopravvenire”. Aveva cantato vittoria troppo presto, l’assessore Maurizio Marrone che ieri accogliendo positivamente le dichiarazioni a Torino del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese aveva suonato la gran cassa: “Prima che il Garante della privacy potesse darci una risposta scontata, il ministro Lamorgese ammette che i ristoratori e gli esercenti privati non hanno titolo di identificare i clienti esigendo l’esibizione dei documenti di identità perché' non sono pubblici ufficiali: avevamo ragione noi”. Invece, a detta dell’Authority, nulla osta.

“Il Garante per la protezione dei dati personali – si legge nella nota – si è riunito in seduta straordinaria per esaminare il tema della protezione dati connesso alle recenti disposizioni in materia di green pass e certificazioni verdi riguardanti lo svolgimento dell’attività scolastica e per rispondere ad un quesito rivolto all’Autorità dalla Regione Piemonte sull’attività di verifica e di identificazione da parte degli esercenti di ristoranti e bar”. Nella risposta inviata alla Regione, l’Autorità sottolinea che la “disciplina procedurale (oggi riconducibile al dPCM 17 giugno 2021) comprende – oltre la regolamentazione degli specifici canali digitali funzionali alla lettura della certificazione verde – anche gli obblighi di verifica dell’identità del titolare della stessa, con le modalità e alle condizioni di cui all'art. 13, c.4, del citato dPCM”. Tale articolo precisa che “l’intestatario della certificazione verde all’atto della verifica dimostra, a richiesta dei verificatori, la propria identità personale mediante l’esibizione di un documento di identità”.

Il Garante precisa, dunque, che “è consentito il trattamento dei dati personali consistente nella verifica, da parte dei soggetti di cui all’art. 13, c.2, dell’identità dell’intestatario della certificazione verde, mediante richiesta di esibizione di un documento di identità”. Tra i soggetti elencati dal citato articolo ci sono: i pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni; il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo; i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi; il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività; i vettori aerei, marittimi e terrestri; i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie. Tra le garanzie previste da tale decreto – ricorda il Garante – “è compresa anche l’esclusione della raccolta, da parte dei soggetti verificatori, dei dati dell’intestatario della certificazione, in qualunque forma”.

A questo punto per evitare ulteriore confusione In serata il Viminale ha emanato la circolare firmata dal capo di gabinetto Bruno Frattasi. La circolare individua due fasi: la prima configurata nel dpcm come “un vero e proprio obbligo” è il possesso del Green Pass per accedere alle attività per cui è richiesto dalla norma. La seconda fase consiste “nella dimostrazione da parte del soggetto intestatario della certificazione verde della propria identità personale mediante l’esibizione di un documento”. Questa seconda fase “non ricorre indefettibilmente” precisa la circolare, ma è “a richiesta dei verificatori”. In ogni caso, tra i soggetti che possono richiedere il documento di identità non ci sono solo i pubblici ufficiali, ma anche i soggetti titolati a compiere la prima verifica, quella sul Green Pass. Insomma, si tratta di una verifica “discrezionale” ma che resta in capo anche agli esercenti, a cominciare dai ristoratori, espressamente richiamati nei “servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio, per il consumo al tavolo, al chiuso”. È compreso anche “il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi” ivi compresi gli steward e il personale delegato dalle società sportive. La circolare Frattasi dice chiaramente che “la certificazione verde non è richiesta per i servizi in questione erogati all’aperto, nonché per l’asporto e per il consumo al banco” per i quali restano confermate le altre disposizioni a cominciare dal distanziamento. Il Viminale fa presente inoltre che seppure discrezionale, la verifica sull’identità del soggetto che esibisce il pass “si renderà necessaria nei casi di abuso o di elusione delle norme, ad esempio quando appaia manifesta l'incongruenza coi dati anagrafici contenuti nella certificazione”. L'avventore è tenuto ad esibire il documento anche se la richiesta arriva da una persona che non riveste il ruolo di pubblico ufficiale. Le forze di polizia sono tenute a verificare l’osservanza delle due fasi previste. Nel caso di non corrispondenza tra i dati del Green Pass e il documento di identità sarà chiamato a risponderne solo l’avventore, “laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità anche a carico dell’esercente”.