LOTTA AL COVID

Sono poco attendibili, ma il Piemonte predilige i test rapidi

Ormai è chiaro: i tamponi antigenici hanno un alto livello di errore e infatti le altre Regioni incentivano l'uso dei molecolari. La circolare del direttore Minola sotto attacco del Pd: "Così non tracciamo i contagi"

Siamo alle solite: di fronte alla recrudescenza dell’epidemia il Piemonte si ritrova impreparato sul fronte dei tamponi. Test a rilento e tracciamento pressoché impossibile. Asl e Regione hanno concentrato i propri sforzi sulla campagna vaccinale, ma intanto il virus ha ripreso a circolare velocemente cogliendo in contropiede una struttura che sul fronte del contact tracing ha sempre mostrato qualche falla. Nel giorno di Santo Stefano il Piemonte ha processato 6.192 tamponi molecolari, a fronte dei 21.471 della Lombardia, dei 12.268 del Veneto, dei 12.384 dell’Emilia-Romagna, dei 13.224 del Lazio. Ieri è stata una giornata fiacca per tutti, ma andando a ritroso è evidente come, esclusa la Lombardia che viaggia con una media di 50mila molecolari al giorno, le altre regioni hanno una capacità tra i 25mila e i 30mila test quotidiani. Il Piemonte non va mai oltre i 13mila: “Chissà quanti sarebbero i contagi nella nostra regione se facessimo un numero di tamponi in linea con le altre regioni” provocano i consiglieri Pd Daniele Valle e Domenico Rossi che hanno rielaborato gli ultimi dati e fatto il raffronto con le altre regioni.  

Numeri che ripropongono un vecchio dibattito su quali siano i test più efficaci. I molecolari sicuramente hanno una sensibilità maggiore, gli antigenici garantiscono l'esito immediato. Una circolare del direttore della Sanità regionale Mario Minola prevede che Asl, medici di base e pediatri “possano dare la priorità all’utilizzo del test antigenico (…) in tutte le situazioni ove questo sia previsto in alternativa al test molecolare”. “Possano” non “debbano”. In ogni disposizione c’è sempre un pilatesco livello di discrezionalità affidata a chi spetta eseguirla. (Qui la circolare)

Al momento il Piemonte è quello che sta puntando più di tutti sui test antigenici, considerati non abbastanza attendibili dalle altre regioni che hanno mantenuto un livello di molecolari decisamente più alto. Una scelta strategica o dettata dalle difficoltà di processari i molecolari?

Anche la macchina vaccinale sembra andare a singhiozzo. Oggi il caos nell’hub del Lingotto ha dimostrato ancora la fatica a viaggiare a pieni giri, soprattutto a Torino dove si registrano le difficoltà maggiori. Al termine di una riunione operativa all’unità di crisi si è stabilito che per raggiungere la quota di 50mila vaccini al giorno la Regione alzerà di circa il 50 per cento il target che deve garantire ogni Azienda sanitaria locale con quella di Torino che dovrà raddoppiarlo “perché è l’area più popolosa” dice la Regione. O forse perché è quella che finora è andata più lentamente. Per incrementare le somministrazioni verrà riaperto il centro del Valentino, ma resta il problema del personale: “Gli operatori non si sono fermati nemmeno il giorno di Natale – proseguono Rossi e Valle –. Tra poco saremo di nuovo costretti a bloccare le attività ordinarie. È evidente che serve più personale medico, infermieristico e amministrativo. Ma è evidente che occorre nuovamente rilanciare l’attività di medici di base, pediatri di libera scelta e farmacisti nella campagna vaccinale. In quale percentuale attualmente stanno aderendo? Il dato non è (più) pubblico. L’ultimo accordo con i medici di famiglia è del 10 dicembre del 2021. Serve un’adesione massiccia da parte dei professionisti convenzionati e, nel frattempo, la Regione deve risolvere i problemi che hanno portato nei mesi scorsi molti medici a rinunciare”.

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