Con le Europee si fa chiarezza

Finalmente si vota con il sistema proporzionale e, di conseguenza, è possibile fare chiarezza nella politica italiana e nei suoi equilibri sempre balbettanti. E quindi, anche e soprattutto, sul progetto politico dei vari partiti. E proprio le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo offrono anche la possibilità per chiarire il peso dei singoli partiti e, soprattutto, l’offerta politica delle varie formazioni. Offerta politica che si è arricchita e anche affinata in questi ultimi tempi nel nostro Paese e che quindi permette a tutti di dispiegare al meglio il proprio progetto politico. Per entrare nel merito, abbiamo il dovere politico, e forse anche morale, di dire le cose con chiarezza.

Sul fronte della sinistra, per iniziare, non si può non registrare la profonda novità intervenuta. Con la vittoria alle primarie di Elly Schlein il principale partito della sinistra italiana, cioè il Pd, è diventato un soggetto politico con un chiaro ed inequivocabile profilo culturale: e cioè, un partito massimalista, radicale e libertario. Un profilo che, appunto, contribuisce a fare chiarezza e che, al contempo, chiude definitivamente una fase che aveva caratterizzato quel partito nel passato. Quando, cioè, il Pd era un partito a vocazione maggioritaria, metodologicamente plurale e con una spiccata cultura riformista. Tutto il contrario adesso, almeno così emerge dal progetto che viene trasmesso quotidianamente dalla Schlein.

In secondo luogo, non possiamo non evidenziare il consolidamento del progetto populista, demagogico e antipolitico del partito dei 5 stelle guidato da Conte. Va dato atto all’ex premier di aver rilanciato la ricetta populista nel nostro Paese dopo una fase che appariva francamente in declino, al di là del giudizio che ognuno di noi può dare nel merito sulla deriva populista. Il centrodestra, invece, presenta un volto nuovo. Se da un lato la Lega salviniana si caratterizza sempre più come un partito sovranista che cerca di coprire tutto lo spazio sul fronte della destra, non possiamo non evidenziare che il “nuovo corso” innescato da Giorgia Meloni e dal suo partito è destinato a cambiare in profondità il volto della destra tradizionale offrendo, al contempo, un profilo più governista e decisamente conservatore.  Una novità, questa, che non potrà non avere riflessi e pesanti ricadute politiche per l’intera geografia politica italiana.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, il capitolo del Centro. Un partito che farà il suo esordio, finalmente, proprio con il voto per il rinnovo del Parlamento europeo. Ma per centrare l’obiettivo politico, e anche elettorale, è necessario nonché indispensabile ricomporre le varie formazioni centriste. Perché sarebbe quantomai curioso ascoltare le ripetute autocandidature ad occupare lo spazio centrista nel nostro Paese – che è vasto, composito anche se articolato – e poi prendere atto che c’è una eccessiva frammentazione nell’offerta politica concerta. Perché delle due l’una: o c’è qualcuno che si proclama di Centro ma poi coltiva una linea politica di sostanziale subalternità o all’attuale sinistra radicale e massimalista o alla destra nella sua versione sovranista e/o conservatrice, oppure ci si autodefinisce centristi ma poi non si ha il coraggio, o la voglia, di far emergere una vera offerta politica di Centro e, soprattutto, “una politica di centro”.

Ecco perché la proposta, non solo di Renzi ma anche e soprattutto dei cattolici democratici e popolari che condividono quel progetto, è quella di ricomporre e riunificare in un’unica lista tutti coloro che si fanno portatori e che dicono di farsi paladini di un progetto centrista. A livello nazionale e poi a livello europeo.

Per il Centro, insomma, più che per la destra e la sinistra, è arrivato realmente il momento della chiarezza politica e della coerenza culturale. Nonché, e soprattutto, del coraggio della sua classe dirigente.

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