SANITÀ

Sanità privata: non siamo Belzebù.
La doppia morale sull'intramoenia

In Piemonte le strutture accreditate pesano per l'8% sulla spesa sanitaria a fronte del 30% di prestazioni erogate. Per la sinistra e i sindacati sono "il nemico" del pubblico. Perla (Aiop): "In chi ci attacca una grande ipocrisia". Cirio e Riboldi all'assemblea dell'associazione

“Nei periodi di vacche magre la sanità privata diventa, per una parte della politica e del sindacato, il nemico da combattere. Ma questi difensori del pubblico e accusatori del privato non di rado sono i più palesi interpreti di una doppia morale. Da una parte si scagliano contro la sanità privata, dall’altra usano e difendono un sistema come quello dell’intramoenia, istituita con finalità apprezzabili, ma negli anni spesso interpretato in maniera non corretta”.  

È un sasso nello stagno destinato a far parecchio rumore e, chissà, magari a smuovere le acque quello che lancia Giancarlo Perla, presidente regionale di Aiop, la principale associazione di rappresentanza dell’imprenditoria sanitaria. Loro sono “i cattivi” nella visione di chi esercitando la sacrosanta e indiscutibile difesa della sanità in mano pubblica, subordina questo principio all’inevitabile attacco al privato in una guerra che non può dirsi tra poveri, anche se il concetto in fondo è quello vista l’ormai cronica carenza di  risorse da destinare alla salute. 

Quello della necessità di un maggiore rispetto delle regole della libera professione esercitata dai medici ospedalieri, peraltro contenuta anche nelle recenti misure annunciate e in parte già introdotte dal ministro Orazio Schillaci, pur importante soprattutto in relazione alle liste d’attesa è solo uno dei temi che stamani scaturiranno nell’assemblea regionale dell’Aiop a Villa Sassi. Non una semplice occasione riservata agli associati, piuttosto un momento di confronto proprio con il pubblico, incominciando dalla Regione con la presenza del governatore Alberto Cirio, dell’assessore alla Sanità Federico Riboldi, del direttore regionale Antonino Sottile e di gran parte dei direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere.

E lì, nel rapporto tra pubblico e privato accreditato, sta la questione che sempre più sovente diventa terreno politico. O di qua o di là, il concetto caro a chi, soprattutto a sinistra, contrappone ciò che, invece, da anni procede insieme, nel bene e nel male. Basta un dato: in Piemonte il privato accreditato pesa sul bilancio della sanità per circa l’8% della spesa totale, ma fornisce il 30% del totale delle prestazioni erogate ai cittadini con il servizio sanitario. “Sostengo da sempre – spiega Perla allo Spiffero – che la sanità privata accreditata è sanità pubblica. Mi spiego: lavoriamo in un regime di concessione, dobbiamo naturalmente rispettare i requisiti di legge come qualunque ospedale, la programmazione regionale e siamo soggetti a verifiche periodiche sul mantenimento dei requisiti e sull’attività svolta. Inoltre, abbiamo un budget predefinito e quindi le strutture private sono remunerate per le prestazioni che erogano, con criteri ovviamente definiti dal pubblico”.

C’è la grande ipocrisia di chi attacca il privato e poi, tra questi anche chi ha sfilato dietro gli striscioni in difesa della sanità pubblica, legittimamente ma con un evidente contrasto tra ideologia e portafoglio fa le visite a pagamento, non di rado al di fuori delle mura ospedaliere grazie alle maglie troppo larghe delle deroghe. E c’è anche, non disgiunto, il problema dei problemi, ovvero i tempi di attesa. Mentre slitta, probabilmente ad oggi ma non è certo, l’esame al Senato del decreto in alcune parti contestato dalle Regioni, le liste d’attesa non potranno che essere ulteriore oggetto di discussione oggi a Villa Sassi. E l’attesa lì sarà anche per le parole del nuovo assessore, alla sua prima uscita pubblica di rilievo o comunque davanti a una platea vasta del settore. Reduce dall’incontro ieri con Schillaci, Riboldi probabilmente dirà qualcosa di più sulla sua idea, condivisa col ministro, di applicare l’intelligenza artificiale al futuro sistema del Cup, il centro unico di prenotazione la cui manifesta inadeguatezza e tra le concause dei lunghi tempi di attesa. Anche in questo caso, ormai è chiaro, bisognerà attendere ben oltre la scadenza dell’attuale appalto, a settembre, per vedere all’opera il nuovo sistema. 

Ma a Riboldi, oggi, potrebbe arrivare dall’assemblea dell’associazione che rappresenta 37 strutture in tutto il Piemonte per oltre 5mila posti letto complessivi rispetto ai 14mila pubblici, la richiesta che già venne avanzata al suo predecessore Luigi Icardi, senza che peraltro abbia poi avuto un seguito. Il tema è quello della mobilità. Il Piemonte pur avendola ridotta soffre ancora quella passiva, ovvero il flusso di residenti che va a curarsi in altre regioni, senza poter contare su numeri apprezzabili per quanto riguarda quella attiva, ovvero l’attrazione di pazienti da altre parti del Paese. 

I privati, nel corso della precedente legislatura, avevano chiesto di eliminare il tetto alla mobilità attiva  che “resta un argomento sempre attuale”, conferma Perla spiegando che “se alla Lombardia si togliesse la mobilità attiva sarebbe nelle stesse condizioni del Piemonte e il Piemonte non ha nulla da invidiare, sia nel pubblico che nel privato, alla Lombardia. E, dunque, perché rinunciare a curare più pazienti portando più ricchezza alla casse regionali, ma anche a un vasto indotto al i fuori della sanità? Possiamo diventare una regione all’avanguardia. Benissimo se lo fa il pubblico che ha strutture di eccellenza e se ci sono dei privati che, senza intaccare il servizio prioritario per i residenti, possono portare pazienti da altre regioni perché porre dei limiti?”. 

L’obiezione, specie con le liste d’attesa attuali, è naturale: come si può curare chi arriva da fuori senza danneggiare i pazienti piemontesi? “Basta assicurare che tutto il budget assegnato venga utilizzato nei tempi e nei modi previsti, poi se una clinica o qualsiasi altra struttura privata ha ancora capacità produttiva che non viene acquistata dalla Regione, questa può essere usata per la mobilità attiva che – ricorda il presidente di Aiop – viene pagata al Piemonte dalle Regioni di residenza dei pazienti”. Passerà in questa legislatura ciò che è rimasto al palo nella precedente? E’ solo una della tante domande che emergeranno dal primo incontro di questa nuova amministrazione regionale con la sanità privata, indispensabile supporto al sistema per qualcuno, Belzebù per altri. Compresi coloro che, con la doppia morale, tengono in perfetta salute la grande ipocrisia.

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