CALCIO & GIUSTIZIA

Plusvalenze, Agnelli alla sbarra

Chiesto il rinvio a giudizio di una decina di persone tra le quali anche gli ex vertici della Juventus nell'ambito dell'indagine "Prisma" arrivata nella Capitale da Torino. Verso il processo anche Nedved, Arrivabene e Paratici

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex presidente della Juventus, Andrea Agnelli, e altri ex dirigenti allora al vertice della società bianconera, tra cui l’ex vicepresidente Pavel Nedved, l’ex ad Maurizio Arrivabene e il direttore generale Fabio Paratici nell’ambito dell’indagine relativa alle plusvalenze e alla manovra stipendi. Nei confronti degli indagati, circa una decina, le accuse sono, a seconda delle posizioni, aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e false fatturazioni. Il procedimento, coordinato dall’aggiunto Giuseppe Cascini e dal sostituto Lorenzo Del Giudice, era arrivato all’attenzione dei magistrati capitolini dopo la decisione della Cassazione che aveva dichiarato l’incompetenza territoriale della Procura di Torino. In particolare, secondo l’accusa, si ipotizzano plusvalenze fittizie e manovre sugli stipendi dei calciatori durante la pandemia Covid. È ancora in fase di indagine invece il filone relativo al bilancio della Juventus al 30 giugno 2022.

La procura di Roma ha stralciato dal filone principale del procedimento sui conti della Juventus la posizione di quattro indagati. Si tratta di Francesco Roncaglio (ex componente del Cda), Enrico Vellano (ex componente del Cda), Stefania Boschetti (revisore legale Ernst & Young) e Roberto Grossi (revisore legale Ernst & Young). Di solito lo stralcio è il preludio a una richiesta di archiviazione. Per un quinto indagato, l’ex direttore sportivo Paratici, lo stralcio è stato disposto solo per due capi di imputazione relativi all’ultimo dei bilanci presi in esame dagli inquirenti capitolini: in quel periodo non faceva più parte della società bianconera ma era in organico al Tottenham.

Ma nei giorni scorsi la Juve ha incassato una vittoria. Il gip Elvira Tamburelli ha ordinato ai pm di restituire alle difese la “copia forense integrale” dei dispositivi sotto sequestro sin dal 2021 (permettendo di trattenere solo la “copia parziale” relativa ai dati informatici attinenti al processo). Non solo. Ha anche sottolineato che la normativa che regola la materia è ormai diventata “inadeguata” perché non riesce più a bilanciare le esigenze investigative con diritti fondamentali come quello alla privacy delle persone. Se saranno i giudici di piazzale Clodio ad occuparsi del processo è per una decisione della Cassazione. A dare il calcio di inizio era stata la procura di Torino, che aveva lavorato sulle presunte plusvalenze “artificiali” realizzate sulla compravendita di calciatori e sulla “manovra stipendi”, vale a dire lo stop nell'erogazione dei compensi ai tesserati dettato nel 2020 dall’emergenza Covid che però, secondo i pm, fu soltanto simulato. Si pensava che il reato più grave (la manipolazione del mercato) fosse stato commesso nel capoluogo piemontese perché è dalla sede del club che il 20 settembre 2019 partì, per via telematica, il primo comunicato alla Borsa. La Suprema Corte ha stabilito invece che la competenza è tutta romana in quanto è nella Capitale che il data server del sistema operativo rese il messaggio “accessibile al pubblico”, attraverso una connessione da remoto al sito www.1info.it. Dopo la sentenza degli Ermellini la Guardia di finanza di Roma era salita in trasferta a Torino per confrontarsi con i colleghi pedemontani. I pm Orano e Del Giudice, nel dicembre del 2023, avevano poi assemblato un capo d'accusa che ricalcava quello di Torino, ritoccando però qualche cifra e aggiungendo qualche episodio. Nel documento comparivano diversi scambi di calciatori che avrebbero generato plusvalenze fittizie: Caldara-Bonucci con il Milan (21 milioni), Pjanic-Arthur con il Barcellona (43 milioni), Cancelo-Da Silva con il Manchester City (5 milioni) e poi con il Pescara, il Pisa, la Sampdoria, il Genoa, il Parma, il Sion, il Lugano, i marsigliesi dell’Olympique, la Pro Vercelli. Non mancava persino un trafiletto sulla mancata indicazione di una passività di 3,5 milioni maturata verso l’Atalanta.

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