I nostri errori e la protervia di Nullo
Bruno Babando 21:57 Giovedì 19 Febbraio 2015 0Lepri è stato vittima di un qui pro quo, in tribunale a molti è parso di sentir pronunciare il suo nome nel corso della deposizione di Soria. L'equivoco è durato una mezz'ora ma tanto è bastato al Carneade piddino per scatenare un inferno
Ha ragione il senatore Lepri: il mio sms è davvero scombiccherato, tra punti incomprensibili e conseguenti maiuscole inopportune e ripetizioni di pronomi. Cribbio, mai avrei pensato che tradire il mio vecchio BlackBerry per uno smartphone di ultima generazione mi avrebbe creato simili incidenti. E non è certo una scusante confessare di aver compulsivamente digitato il messaggio per strada, non in preda ai fumi dell’ira, bensì mentre stavo raggiungendo a piedi Palazzo Civico dove mi attendevano da oltre mezz’ora due consiglieri comunali. Chiedo scusa all’inclido senatore e soprattutto alla grammatica italiana. Detto questo, mi pare opportuno fare chiarezza su quanto è effettivamente accaduto, non tanto per rispetto del soggetto che si è sentito offeso (ammetto che, a mio giudizio, la persona non merita tanto rispetto) ma per la verità dei fatti e, forse, per raccontare come noi dello Spiffero lavoriamo.
Dunque, la cosa è andata così. Siamo in tribunale, Giuliano Soria sta rendendo spontanee dichiarazioni in Appello. I giornalisti da almeno una settimana erano stati allertati sul loro contenuto: l’ex patron del Grinzane racconterà per la prima volta il “contesto” nel quale è stato possibile che un premio letterario, nato dalla costola di un’editrice cattolica, la Sei, per l’intraprendenza e l’azzardo di un professore di letteratura spagnola sia diventato per oltre vent’anni un vero centro di potere: riverito, blandito, sostenuto. Il premio e il suo patron, quello che noi, come al solito irriverenti, abbiamo chiamato il Caudillo del Monferrato. Le attese non sono andate deluse, come sappiamo. Nella sua deposizione Soria ha sciorinato nomi eccellenti, tra politici, personaggi dello showbiz, giornalisti. Con il taccuino in mano e nel brusio dell’aula ai presenti, avvocati e giornalisti, è parso di sentire il nome di Lepri. Chi? Lepri? Nessuno o quasi conosce un vip con tale patronimico, mentre i più scafati – ammanicati nei meandri della pubblica amministrazione – escludono che possa trattarsi di Giovanni Lepri, direttore della Regione, persona da tutti conosciuta come integerrima e professionalmente competente. E poi il Soria ha detto “l’assessore Lepri”, o così a molti è parso. Urca, sarà mica quel Lepri, all’anagrafe Stefano, che in effetti è stato assessore al Comune di Torino e che qualcuno ricorda legato alla Ics, impresa del famoso scandalo dei cimiteri? Certo, durante la stagione d’oro del Grinzane sedeva in Consiglio regionale con i galloni da capogruppo della Margherita.
Il dilemma sull’identità di questo fantomatico assessore che pigliava contributi in nero dura una buona mezz’ora. Nel frattempo escono lanci di agenzia, anticipazioni online e, anche noi con modestia facciamo la nostra sporca figura. Qualcuno scrive solo “Lepri”, altri lo presentano come Stefano Leo, noi – sbagliando, per eccesso di precisione – “correggiamo” il cognome: Stefano Lepri. L’equivoco, ripeto, dura una buona mezz’ora e nel frattempo, legittimamente ma in maniera a dir poco cafona, il malcapitato (ma questo lo scoprimmo solo dopo), inizia a tempestare il mio cellulare di messaggi intimando di togliere il suo nome, minacciando al solito querela. A questo punto, nell’attesa che venisse chiarita la vicenda, decidiamo di raccontare esattamente ciò che è successo: si è capito Lepri, forse c’è un qui pro quo con Leo, il senatore agita le carte bollate.
Dopo una decina di minuti dal Palazzo di giustizia il nostro corrispondente ci informa di aver verificato, parlando con i verbalizzatori: Soria ha detto Leo, nel senso di Giampiero Leo, ex assessore regionale alla Cultura delle giunte di centrodestra. A questo punto, correttamente, togliamo ogni riferimento a Lepri, persino quello – assai pertinente in fase di cronaca – dell’equivoco sorto.
Per noi il caso è chiuso. Non per il Lepri che, non pago, pubblica su facebook un post parecchio livoroso (e offensivo, ma di questo ne risponderà in altra sede). Il sottoscritto, forte del rapporto consolidato in tante asfissianti richieste (alcune, purtroppo, accolte) e confidando in un rapporto tra gentiluomini, scrive l’sms “incriminato” che aveva questo senso: noi abbiamo tolto il riferimento, come peraltro ci hai chiesto, tu leva quel commento scemo (e del tutto infondato). Il tapino si scalda, fa l’offeso, scalpita, tenta di spacciarsi per vittima del “quinto potere”: lui, che da oltre vent’anni naviga nel mare della politica, dai cascami della Dc al Pd, senza particolari meriti, e che ora si ritrova per logiche spartitorie tra le correnti a essere uno dei millanta vicecapogruppo a Palazzo Madama, talmente incolore da essere soprannominato da alcuni suoi colleghi “Nullo”. Quello che pagava banchetti con i nostri soldi, saldando i conti a rate (cosa che gli è valsa la provvidenziale uscita da Rimborsopoli). Insomma, come diceva il grande Longanesi, l’insuccesso gli ha dato alla testa. (A proposito, a quell'sms ne sono seguiti altri con un crescendo di toni: non volevo offendere sono cose che penso realmente del Nostro).