Chiamparino vuole il Piemontellum
Stefano Rizzi 18:00 Sabato 11 Aprile 2015 6Il governatore accelera sulla riforma elettorale regionale: via il listino, collegi uninominali e più assessori esterni. Subito all'ordine del giorno in Consiglio, caso mai si dovesse andare al voto tra poco. Resta critico sulle modifiche istituzionali
“Applicare il sistema dei collegi uninominali, cancellare il listino e dare la possibilità di avere più assessori esterni”. Piemontellum? Yes we can, “si può fare, non ci vuole molto”. Sergio Chiamparino il viatico per la nuova legge elettorale regionale lo impartisce da Alessandria, a margine di un incontro del Pd per discutere di riforme insieme al sottosegretario Luciano Pizzetti. Il destro per dire come la pensa sulla prossima tornata elettorale (senza escludere l’ipotesi di un anticipo non ancora da egli stesso archiviata) glielo fornisce poco prima il consigliere regionale Domenico Ravetti richiamando la necessità di “agire ora per domani, per evitare ad ogni costo di vedere eletti consiglieri regionali in collegi da seicentomila abitanti”. Chiamparino condivide anche se non nega il rischio di una deriva opposta: “Stiamo attenti a non rimpicciolirli troppo”. La classica via di mezzo. Su quello che, invece, il governatore pare deciso è proprio lo stringere i tempi per varare in questa legislatura la riforma elettorale.
Un’accelerata, insomma, a quella proposta partita dai radicali con Igor Boni (candidato non eletto nelle liste del Pd) e che aveva trovato subito il supporto in una eterogenea pattuglia dem, formata tra gli altri dal giovane turco Mario Sechi, dal civatiano Fabio Malagnino e dal renziano Davide Ricca. Lo stesso segretario regionale Davide Gariglio in principio un po’ tiepido sulla questione, pur ammettendo che “non bisogna andare alle calende greche”, parrebbe oggi deciso. Una riforma che, stando alle prime reazioni, non dovrebbe incontrare grossi ostacoli neppure da parte della minoranza che quando era al governo aveva annunciato più volte la volontà di metterci le mani, salvo poi non aver quagliato nulla.
Senza toccare l’elezione del governatore, il cambiamento comporterebbe una cinquantina di collegi per l’uninominale secco (un Mattarellum senza paracadute), l’abolizione del listino e il conseguente allargamento del numero di assessori esterni, “indispensabile se si vogliono avere in giunta personalità di valore e capacità, ma che magari non sono in grado di raccogliere consenso alle elezioni” spiega un Chiamparino nella trasferta in riva al Tanaro dove non ha nascosto la delusione per il suo sogno tedesco sia per quanto riguarda il nuovo Senato, sia per quelle città metropolitane, “oggettivamente troppe”, che avrebbe voluto sul modello germanico delle città-stato. “Il Bundesrat in Italia non ci potrà essere” conferma il sottosegretario Pizzetti nel corso del dibattito moderato dal senatore Daniele Borioli e con un parterre parlamentare mandrogno completato da Federico Fornaro e Cristina Bargero. E se non sarà, neppure lontanamente la Camera dei Lander, sfuma la speranza di Chiamparino di quel mandato imperativo e dunque voto unitario per evitare divisioni, oltre che tra le Regioni, anche all’interno dei rappresentanti di una stessa Regione. Speranza che il Chiampa già l’aveva perduta da un pezzo complice un colloquio recente con il ministro Maria Elena Boschi freddina sulle osservazioni del presidente piemontese, tuttora preoccupato per quello spirito centralista che pare segnare lo stesso percorso delle riforme per quanto attiene alle competenze.
Ma se il verso preso è quello che porta verso un numero considerevole di materie di competenza statale, invece che regionale, questo lo si deve anche, come evidenziato da Pizzetti, alla mancanza di interventi ed emendamenti parlamentari in tale senso, così come a una certa debolezza delle Regioni stesse nel farsi ascoltare. “Almeno prevedere una flessibilità per l’assegnazione di determinate materie di competenza per quelle Regioni che dimostrano di sapere lavorare bene” è un’altra richiesta di Chiamparino che pone l’attenzione pure sull’altro grande tema di questi giorni: le aree vaste, che di fatto restano le Province con alcune competenze e assai meno fondi e le Città metropolitane. “In Italia dovrebbero contarsi sulle dita di una mano, magari avanzandone una” . Dice, Chiamparino, insistendo su quello che non devono essere: “Una sorta di grande Comune che sta sotto la Regione. L’ho detto ancora ieri a Fassino. Dobbiamo trovare il meccanismo giusto per evitare questo”.
Dai grandi Comuni a quelli piccoli. “Hai ragione” dice il governatore alla presidente della Provincia di Alessandria, nonché sindaco del capoluogo Rita Rossa che ha appena tirato un sasso nello stagno: “E’ possibile continuare ad avere Comuni con centinaia di abitanti? Dobbiamo avere il coraggio di riformare anche lì e mettere una soglia di cinquemila abitanti. Al di sotto si accorpa. Non è che si butta via il gonfalone, ma i Comuni troppo piccoli non hanno senso e accorparli significa anche risparmiare”. Chiamparino concorda, ma ammette: “Sai che non sarà facile”. Meno difficile cambiare la legge elettorale del Piemonte. Piemontellum? Yes we can. Parola di Sergio.