GRANA PADANA

Lega, braccio di ferro Cota-Gancia

Salvini ha deciso: il Carroccio piemontese deve andare a congresso per eleggere una nuova guida. Ma con un partito a pezzi, in carestia di tesserati, l’ex governatore non intende farsi da parte. E lady Calderoli si è messa in testa di diventare segretaria

Scegliere tra Le Pen e le pene dell’inferno. Nel primo caso a Matteo Salvini basta guardare i sondaggi e le nuove tessere distribuite anche grazie alla svolta a destra e al progetto di una Lega italica o comunque si chiamerà il futuro partito non più relegato al fronte del Po. Nel secondo, gli è sufficiente scorrere i numeri che disegnano la discesa in picchiata degli iscritti alla Lega Nord in Piemonte negli ultimi anni. Numeri dai quali in via Bellerio pare siano ormai convinti che o si cambia con decisione, oppure all’ombra del Monviso (nel frattempo scippato da Sergio Chiamparino all’armamentario simbolico padano) il Carroccio non sarà più nemmeno l’ombra di quello che fu. I militanti (quelli con più anni di anzianità) sono passati dai 2.126 del 2010 ai 1812 dello scorso anno, mentre i sostenitori (in assoluto sempre in quantità maggiore e che registrano anche le adesioni recenti) sono scesi inesorabilmente dai 9.042 del 2010 a poco più di 3mila, con passaggi intermedi che segnano un trend in picchiata. Ci sono stati gli scandali dei diamanti, della laurea del Trota e l’uscita di Bossi, si dirà. Certo, ma in tutto il resto del Paese, comprese le terre una volta nemiche, la Lega ha invertito la rotta e recuperato alla grande. In Piemonte pure i numeri del 2015 e gli stessi sondaggi raccontano di una regione pecora nera nel pratone verde. Anche e soprattutto per questo motivo (cui si aggiungono le prossime comunali di primavera a Torino, Novara e in altri centri minori) dal quartier generale di Milano si guarda con speranza non senza apprensione alla svolta che si intende affidare al congresso nazionale, ovvero regionale nel vocabolario federalista, gergo che presto necessiterà di una rivisitazione.

 

Dopo quindici anni di guida del movimento tenuta ben stretta da Roberto Cota, pare essere arrivato il momento del cambio. Tutt’altro che gradito all’ex governatore decaduto, che – secondo i rumors – avrebbe tentato l’intentabile per procrastinare ancora la data del congresso. Hic manebimus optime, si direbbe in latinorum. Pur a fronte delle resistenze cotiane, lo stato maggiore pare ormai aver deciso: le assise vanno celebrate. Probabilmente il primo fine settimana a ridosso dell’Immacolata, il 5 e 6 dicembre, i leghisti piemontesi andranno a congresso per votare il nuovo segretario. Ma, ancor prima di conoscere il giorno del redde rationem, si sono scatenati i giochi, spesso con toni e mosse da guerra fratricida. Nessuno stupore, per carità: che la lotta per la leadership si annunciasse da lunghi coltelli era nell’aria, che la battaglia nel partito torinese approdata con commissariamenti e beghe da ballatoio non fosse un caso isolato era altrettanto chiaro.

 

Adesso è tutto un crescendo: con una sempre più sgomitante Gianna Gancia e un Cota indisponibile a farsi da parte che da sodali diventano ogni giorno che passa sempre più agguerriti avversari. Strategie (poche), tattiche e sgambetti (in misura industriale). L’ultimo è di questi giorni: la Gancia chiede aiuto al segretario novarese Luca Bona, cotiano di ferro, per organizzare un incontro con i militanti ad Arona e mettere una bandierina sul Verbano per l’elezione a segretaria. Appena la cosa arriva all’orecchio di Cota, questi fa in modo e maniera affinché l’incontro salti. Operazione riuscita. Ma lady Calderoli non molla: vuole prendere il posto del caro amico Roberto e non ne fa mistero. A Torino, del resto, può contare su circa la metà del partito e su un nucleo forte capitanato da Antonello Angeleri e Luigi Piccolo. Gruppo che riuscì a far eleggere a segretario cittadino Domenico Morra, poi detronizzato da una congiura interna, dal quale recentemente pare si sia allontanato Roberto Carbonero che molti descrivono in fase di riavvicinamento all'ex governatore, soprattutto dopo che questi l'ha nominato responsabile organizzativo. L’altro, Cota, ormai con le truppe sfilacciate, dicono abbia rispolverato l’elenco telefonico dei militanti, alcuni dei quali ricevendo la sussiegosa chiamata trasecolano: è stato praticamente impossibile parlare con lui per anni e adesso te lo ritrovi attaccato al citofono.

 

Malignità, forse. Certo lo sconquasso torinese non ha giovato all’avvocato novarese. E gli stessi suoi fedelissimi di un tempo, non sono più tali. La fidata Elena Maccanti da assessore è passata a lavorare in Regione e ha smesso da tempo i panni della cheerleader; l’ex capogruppo Mario Carossa ha lasciato le barricate e pire uno come Alessandro Benvenuto, eletto a Palazzo Lascaris, viene dato indeciso tra Cota e Gancia. Quest’ultima pur lanciata nella corsa alla candidatura per la segreteria deve sempre fare i conti con la débâcle cuneese seguita all’uscita di mister preferenze Claudio Sacchetto. Il quale dicono avrebbe già avuto contatti con Salvini per un possibile ritorno sul Carroccio. Un segnale non certo positivo per la capogruppo leghista a Palazzo Lascaris che, indomita, prosegue nella tessitura della rete per le province piemontesi.

 

Un’ambizione quella dell’ex presidente della Provincia di Cuneo che non sarebbe apprezzata più di tanto in via Bellerio, dove – si dice – era stato fatto una sorta di accordo con il dei lei neo-marito, il “costituzionalista” Roberto Calderoli, affinché la signora non complicasse i già precari piani per il rinnovo del governo della Lega in Piemonte. Nessuno può fare finta che quel rapporto, oggi ulteriormente sancito dalle nozze, non possa provocare un certo imbarazzo nelle dinamiche interne in una fase estremamente delicata come quella del cambio del segretario. Non sarà certo per questo, ma un personaggio che ben difficilmente si mostra pacato come l’europarlamentare Gianluca Buonanno, azionista di peso della ditta padana, ha confidato ai suoi che nel duello Cota-Gancia, lui sta alla finestra a guardare. Un colpo basso all’ex governatore, senza subbio. Forse anche un segnale da interpretare come la possibile discesa in campo dello stesso deputato europeo, qualora i veti incrociati portassero allo stallo. Chissà. Per ora, l’unica certezza è che l’altro esponente che siede a Bruxelles, Mario Borghezio, pur di vedere Cota fuori dalle scatole, appoggia la Gancia.

 

La questione Calderoli, pesa non poco sulle manovre e sulle strategie, anche di via Bellerio, per l’agognata svolta in Piemonte. Essere avversario della Gancia, equivale a mettersi contro Calderoli. E questo non lo vuole nessuno. Iniziando da Salvini e continuando per quello che, ad oggi, è il suo uomo per il Piemonte, ovvero il suo vice Riccardo Molinari.  Ha il consenso, parecchi voti, dai giovani padani a un nutrito drappello di militanti storici, ma si muove solo se Matteo gli dice che è giusto farlo. Prima c’è da sciogliere il nodo Calderoli. Gianna Gancia sarà disponibile a fare un passo indietro, dopo aver preso la rincorsa? E Cota, una volta ottenute le rassicurazioni su una sua rentrée a Montecitorio, mollerà l’osso?