POLITICA & GIUSTIZIA

Concorso "su misura", chiesta la condanna per il capo di gabinetto di Lo Russo

Il pm chiede 8 mesi per Campana. Stessa richiesta anche per l'allora vicesindaco della giunta Appendino. L'accusa è di turbativa d'asta. La vicenda ruota attorno a una selezione pubblica bandita nel 2019 da Palazzo Civico per individuare il direttore di Urban Lab

Otto mesi di reclusione sono stati chiesti dal pubblico ministero Gianfranco Colace per le quattro persone processate a Torino per il caso Urban Lab. La richiesta riguarda Guido Montanari, all'epoca dei fatti vicesindaco, Valentina Campana, chiamata in causa come direttrice dell'Urban Center, attuale capo di gabinetto del sindaco Stefano Lo Russo, la presidente Elena Dellapiana e Marco Demarie, funzionario della Compagnia di San Paolo. Secondo la procura la nomina di Campana nel 2019 fu viziata da irregolarità. È contestata la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Dopo gli interventi degli avvocati difensori la causa è stata aggiornata a maggio.

La vicenda ruota attorno a una selezione pubblica bandita nel 2019 da Palazzo Civico per individuare il nuovo direttore di Urban Lab, associazione partecipata dal Comune e dalla Compagnia di San Paolo nata dalle ceneri del vecchio Urban Center. Sin dall’inizio apparve chiaro che quel bando aveva qualcosa di sospetto: infatti veniva richiesta una figura “di comprovata professionalità ed esperienza nell’ambito delle attività svolte dall’Associazione” che doveva possedere “doti di creatività, intraprendenza, visione strategica, capacità di leadership e attitudine a collaborare in modo proficuo con lo staff”. Inoltre la prestazione avrebbe dovuto svolgersi a a tempo pieno e pure senza stipendio.

E quale professionista sarebbe disposto a mettere a disposizione cotante capacità, acquisite in anni di studio, gratuitamente? Di qui l’ipotesi che la selezione fosse cucita ad hoc per confermare come direttore Campana, la quale essendo già dipendente dell’ente avrebbe continuato a godere del proprio stipendio. Il bando scatenò subito un polverone anche tra alcuni dei più influenti alti papaveri di Palazzo Civico. Ma la questione, sollevata dallo Spiffero, non passò inosservata neanche alla Procura di Torino che aprì subito un fascicolo.