GRANA PADANA

Salvini ritrova il federalismo all'incoronazione di Molinari 

Il leader della Lega a Chivasso per il congresso regionale. Al confronto con le baruffe venete il Piemonte è un'isola felice. Ma ad agitare il Carroccio c'è il tema del Mes e il rapporto con Meloni e Fratelli d'Italia. La lunga corsa verso le regionali del 2024

"Un regime federale repubblicano a base regionale e cantonale é l’unica garanzia contro un ritorno della dittatura. Carta di Chivasso, 19 dicembre 1943. Questa Resistenza fu sconfitta allora, facciamola vincere oggi! W San Marco”. Era il 2012 e Matteo Salvini aveva scelto di celebrare a suo modo il 25 Aprile, non solo inneggiando e ammiccando all’autonomismo veneto, ma citando quel momento storico rappresentato dalla dichiarazione di un federalismo ante litteram che seppur effimero sarà parte del bagaglio culturale e ideologico della Lega originaria. Finirà poi un po’ dimenticato nel nuovo corso del Carroccio, per essere rispolverato e posto in bella mostra nell’argenteria di famiglia dal capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, il quale ha scelto proprio Chivasso e il preciso riferimento alla Carta per la celebrazione del congresso che domani lo vedrà rieletto segretario regionale (anche se formalmente oggi riveste il ruolo di commissario).

È curiosa e pure un po’ bizzarra, riprendendo il vecchio post di Salvini, la coincidenza che sfiorando la nemesi unisce tredici anni dopo il Veneto evocato con San Marco e il Piemonte con la sua Dichiarazione scritta nel periodo più buio della storia. Il leader della Lega arriverà, ormai è deciso, nella cittadina del Canavese accolto da iscritti e simpatizzanti, a suggellare l’esito di un congresso che più tranquillo e scontato – unica candidatura quella unitaria di Molinari – non poteva esserei. Il giorno prima, oggi, in Veneto ci sarà lo showdown di uno dei congressi più duri e battagliati che la storia leghista ricordi. Da una parte l’attuale segretario Roberto Stefani, dall’altra il trevigiano Franco Manzato, già sottosegretario nel governo gialloverde, sullo sfondo l’inatteso abbandono della contesa da parte di Roberto Marcato. Allo Sheraton di Padova in serata è atteso il governatore Luca Zaia, sarà lui a proclamare il nuovo segretario di una Liga che non fa mistero di un travaglio crescente e di altrettante critiche alla linea del Capitano che, tuttavia, secondo più di una previsione la sfangherà pure nella terra più ostile.

Decisamente più accogliente quella piemontese dove il leader ha deciso di arrivare dando un segnale decisamente forte all’incoronazione di Molinari, col quale certamente avrà condiviso non solo la scelta di Chivasso con evidente richiamo alla Carte federalista su cui il segretario impronterà il suo intervento, ma anche su un altro segnale fortemente simbolico: quell’invito del capogruppo ai deputati a indossare la spilletta dell’Alberto da Giussano, “per rispetto della nostra storia”. Una storia che è anche presente e, forse, futuro politico per un partito che deve resistere e per quanto possibile fronteggiare l’ulteriore ascesa di Fratelli d’Italia nelle urne, in uno scenario in cui ancora troppo interrogativi costellano il percorso di Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi.

Dopo quelle che domenica e lunedì riceveranno l’indicazione per la guida del Molise, saranno le urne del Piemonte il prossimo anno la più grande e importante prova elettorale per il partito di Salvini. Anche in questo scenario va vista la presenza a Chivasso del segretario nazionale che, va ricordato, il giorno di San Valentino del 2016 suggellò – ma soprattutto ne fu il convinto fautore – l’elezione di Molinari al congresso di Collegno, al termine del duello senza esclusione di colpi e con uno scarto finale di un centiaio di voti con l’attuale europarlamentare Gianna Gancia. “Riparti Piemont”, così in dialetto, lo slogan scelto allora dal parlamentare alessandrino la cui elezioni segnò un forte confine con la precedente conduzione del partito nelle mani, per tre lustri, di Roberto Cota, l’ex governatore che sarebbe poi passato nelle fila di Forza Italia.

Oggi, con la questione del Mes in cima all’agenda dei problemi e la necessità di trovare un’onorevole exit strategy a fronte del più che probabile via libera al fondo salva Stati da parte di Giorgia Meloni, così come con la grana del Veneto e il caos al Sud, per Salvini il Piemonte parrebbe un’oasi di tranquillità. Assai fugace guardando, come deve fare la Lega nelle rinnovata guida di Molinari, al voto regionale del prossimo anno.