Nel Pd scoppia la “questione cattolica”
14:30 Martedì 16 Febbraio 2016 10Volano gli stracci tra i democratici. L'europarlamentare Viotti, esponente del mondo Lgbt: "I cattodem hanno rotto il cazzo". Ma anche nella componente ex popolare si consuma la rottura tra Gariglio e Lepri. Resa dei conti al Senato
Volano gli stracci nella sacrestia del Pd. Tra i renziani della prima ora del segretario regionale Davide Gariglio e i cattodem dei quali è alfiere il senatore Stefano Lepri, si conclama lo scisma di via Masserano. Fuori, echeggiano le parole che l’europarlamentare Daniele Viotti, ex civatiano, ha affidato a twitter e facebook, spogliandole da ogni francesismo: “La dico semplice, ma non mi vengono altre parole: i senatori Di Giorgi, Lepri e i cattodem hanno rotto il cazzo!”. C’è un motivo in più, a detta di Viotti, per attribuire al senatore torinese quanto espresso in maniera a dir poco diretta: “Non conosco personalmente la Di Giorgi, ma se la Regione Piemonte non è mai riuscita ad approvare una legge contro le discriminazioni è solo ed esclusivamente colpa di Lepri. Lo posso dire anche in inglese o in spagnolo ma poco cambia”.
Ormai è chiaro: sulle unioni civili si consuma la disunione dei democratici, in Piemonte con toni e probabili conseguenze più pesanti che altrove. Aldilà delle esternazioni dell’europarlamentare, esponente e sostenitore della comunità Lgbt, e sia pure con linguaggio differente, non è meno cruento ciò che, come si diceva, sta accadendo in quella che fino a ieri era una componente solida e unita, saldata dalla comune matrice cattolica, declinata nel credo renziano. Oggi non è più così. Una distanza marcata dallo stesso Gariglio, che non è riuscito a dissimulare il suo stato d'animo di fronte alla proposta (sostenuta da Lepri) di aprire le porte del carcere a chi ricorre al cosiddetto utero in affitto: “Sono inorridito” avrebbe confidato ad alcuni amici, parole che, però, lo stesso segretario smentisce. Una cosa è certa, Gariglio dai cattodem aveva già preso nettamente le distanze allorché, insieme al suo omologo provinciale Fabrizio Morri, sottoscrisse il documento in appoggio alla manifestazione a favore del testo Cirinnà, adozioni comprese.
Gli scricchiolii nella sacrestia dem si erano accentuati, preludendo alla rottura, con il crescendo e il radicalizzarsi della posizione di Lepri, sempre più vicino e consonante con il suo vecchio mentore Giuseppe Fioroni, l’unico parlamentare piddino presente al Family Day. Ancora ieri nella riunione dei senatori democratici, presente anche il ministro Maria Elena Boschi, il tentativo di mediazione si è concluso in un nulla di fatto. E i cattodem hanno, ribadito anche in quell’occasione di voler poter votare un loro emendamento, la cui prima firma è proprio quella di Lepri. L’emendamento sostituisce la stepchild adoption con l’affido rafforzato. Ma il resto del gruppo resta fermo sulla posizione: senza quell’articolo la legge sarebbe insufficiente rispetto alle aspettative del mondo Lgbt.
Oggi è il giorno del canguro, e si annuncia bagarre. “Il nostro obiettivo è votare l’emendamento Marcucci nella sua interezza” dicono i vertici del Pd, ma in Senato si annuncia una seduta burrascosa. La Lega con Roberto Calderoli ha già fatto sapere che porrà la questione di ripristinare l’ordine di votazione consueto: ovvero si parte dai canguri più distanti dal testo per arrivare ai più vicini. E in questo caso il Marcucci sarebbe l’ultimo e non il primo come è stato annunciato. Inoltre potrebbero esserci richieste di spacchettare il voto e sarà l’aula a deciderlo con una votazione ad hoc. Il tutto condito da interventi dei gruppi e di singoli senatori. Insomma, il rischio è che per ostruzionismi vari, oggi il super canguro non lo si voti.
Gli effetti collaterali delle divisioni in seno al Pd sono, comunque, ormai sempre più evidenti. Un terremoto le cui scosse oltrepassano l’aula di Palazzo Madama e lo stesso Nazareno, da cui non è un mistero si sono intrecciate in questi giorni comunicazioni e input diretti anche verso Torino. Il legame antico tra Gariglio e il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini si è ulteriormente rafforzato, rinsaldando così la componente dei renziani della prima ora, che a Torino può contare sugli Ateniesi di Davide Ricca, responsabile della comunicazione nella segreteria regionale, differenziandola in maniera sempre più netta dai cattodem di Lepri con una presa di posizione netta a favore della legge Cirinnà. Con le prime ripercussioni e riposizionamenti nient’affatto semplici nelle geografia dem piemontese. Acquattato in attesa di eventi e chiarimenti un garigliano come Daniele Valle, approdato però in Consiglio regionale con l’appoggio di Lepri, per dare l’idea di quanto accada. E accade, ormai, di tutto un po’.
Se uno dei primi a intervenire sulle parole, un po’ sopra le righe, di Viotti è il governatore della Toscana Enrico Rossi che giudica il tweet “poco serio”, è lo stesso eurodeputato a tornare in parte sui suoi passi con un altro messaggio: “Sono sbottato perché il dibattito riguarda la vita mia e di tanti altri. Nessuna posizione politica o attacco contro i cattolici”. Basterà a far cessare l’ennesima battaglia interna al Pd? Lei, Monica Cirinnà, promotrice del testo sulle unioni civili, avverte: “I tanti colleghi che oggi si interrogano su come votare, sappiano che oggi scelgono a che parte stare della storia. Se stare con le nuove famiglie che chiedono solamente una loro inclusione all’interno del grande mondo delle famiglie italiane oppure dalla parte di chi continua a discriminare e a pensare che non siamo tutti uguali, e che i diritti sono privilegi per pochi”.
Parole che non pare siano destinate a convincere coloro che restano fermi sulla questione delle adozioni, su cui ieri era intervenuto il vescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini con una lettera ai giovani della diocesi: “Noi crediamo che ad ogni bambino che nasce deve essere garantito un padre e una madre. Pensate che l’utero in affitto, la maternità surrogata siano moralmente accettabili dal punto di vista naturale? Pensate che la dignità della donna sia salvaguardata?”. Prima di lui, mesi fa era stato un altro vescovo a intervenire sul tema, ancora lontano dall’approdo al voto. Monsignor Giorgio Micchiardi, alla guida della diocesi di Acqui Terme aveva indirizzato un appello ai parlamentari affinché non votassero a favore del disegno di legge Cirinnà, richiamando le parole del presidente della Cei, Cardinale Angelo Bagnasco. “Scrissi quella lettera perché lo ritenevo giusto e opportuno. E se non lo avessi fatto allora – dice il vescovo di Acqui, interpellato dallo Spiffero sull’argomento – lo farei adesso”.