Sinistra Pd, Giorgis fa il tagliaBoschi
18:17 Sabato 12 Marzo 2016 2Tocca al parlamentare torinese, di fede cuperliana, delineare al conclave di Perugia le proposte di modifica dell'Italicum. Il bersaniano Fornaro condivide l'analisi di D'Alema "ma non le conclusioni". E Pentenero porta il tema dei senza reddito
Ancora ieri sera il deputato torinese Andrea Giorgis, faceva ricorso a tutto l’understatement sabaudo quasi a voler minimizzare il fatto che sia toccato a lui, certo più vicino a Gianni Cuperlo che a Pier Luigi Bersani, coordinare uno dei tavoli più caldi della tre giorni umbra della sinistra Pd, quello dedicato a “Riforma delle istituzioni e autonomie locali”. Ma sarà proprio l’ex segretario a cogliere al balzo e rilanciare quanto uscito dal tavolo del giurista dell’Università subalpina sul nuovo sistema elettorale con una dichiarazione che pare di guerra a Matteo Renzi e alla maggioranza: “L’Italicum? Ne penso tutto il male possibile” ha detto l’uomo di Bettole, ricordando come questa sua posizione “non è una novità”. Per Bersani “sarebbe interesse di Renzi cambiarlo. Perché ho l’impressione che al M5s e alla destra la legge elettorale così com’è va bene. Avrebbero l’occasione di mettere insieme un listone al ballottaggio e tentare di prendere tutto. Ma non sono sicuro che Renzi abbia ben presente il rischio”.
Al termine del lavori che hanno occupato la mattinata è lo stesso Giorgis ad entrare nella questione, non prima di aver speso parole sul prossimo referendum: la riforma costituzionale “ha aspetti positivi, a partire dal superamento del bicameralismo perfetto”, ma occorre fare in modo che la consultazione popolare “non venga trasformata in un plebiscito sul governo ma si basi sul dibattito che entra nel merito della riforma”. E nel merito la sinistra (o meglio le sinistre) dem chiedono di entrarvi, aprendo la porta alla modifica della legge elettorale. “Bisogna mettervi mano – spiega il deputato torinese - perché così com’è indebolisce la solidità del governo, in quanto riduce e mortifica la rappresentanza”. L’esponente della minoranza osserva, inoltre come “prima della sua entrata in vigore, l’Italicum è modificabile. E peraltro ci sarà il giudizio preventivo da parte della Corte Costituzionale. Inoltre bisogna fare la legge elettorale per il Senato. Ma anche solo l’Italicum, se si vuole, può essere modificato”.
E mentre a San Martino in Campo la minoranza del Pd si prepara all’intervento di Massimo D’Alema, sull’uscita di ieri dell’ex Lider Maximo interviene un altro parlamentare subalpino, il bersaniano di ferro Federico Fornaro: “D’Alema fotografa un disagio che esiste in una parte significativa del partito e degli elettori, ma arriva a una conclusione non condivisibile vale a dire che non si possa più dare battaglia all’interno del Pd. Da qui - aggiunge - esce un messaggio chiaro cioè che il Pd è casa nostra e la minoranza di sinistra vuol dare il proprio contributo al governo del Paese nel rispetto dell’esito dell’ultimo congresso, ma chiedendo altrettanto rispetto. Quando si segnalano i problemi lo si fa per trovare soluzioni e non per ricercare strumentalmente elementi di contrasto. In questo momento sta facendo più male al Pd e a Renzi chi fa finta di non vedere i problemi e mette la testa sotto la sabbia”. Conclusione: “Miriamo a essere una parte di questo partito”.
Una parte di Pd che pone sul tavolo, a ridosso di una direzione nazionale che si annuncia tutto fuorché tranquilla anche il tema del doppio incarico: “Non è vero che un partito forte e radicato sui territori sia incompatibile con una leadership forte e riconosciuta. Semmai è vero il contrario: senza una grande partito popolare l’azione riformatrice del governo rischia di non penetrare nel tessuto sociale perché la comunicazione, da sola, non è sufficiente” spiega Fornaro in una nota firmata a quattro mani con Nico Stumpo. "Da Perugia – spiegano - viene la sfida per trovate un corretto equilibrio tra il Pd e l’azione degli eletti nelle istituzioni, a cominciare dal rimettere in discussione il doppio ruolo di segretario nazionale e capo del governo: una sovrapposizione che in questi ultimi due anni ha messo in evidenza più limiti che pregi”. Per la sinistra “gli iscritti devono poter eleggere il segretario del partito a tutti i livelli, mentre gli elettori del Pd e del centro-sinistra devono poter contribuire alla scelta dei candidati alle cariche monocratiche dal presidente del Consiglio in giù”. Necessario anche “fare rapidamente fare un tagliando alle primarie, attivando finalmente l’albo degli elettori al fine di evitare gli episodi di incursioni esterne e inquinamenti che ne stanno pericolosamente minando la credibilità agli occhi dell’opinione pubblica”.
Tra i temi che investono direttamente l’assetto del partito e le sue lacerazioni, dal Piemonte a Perugia - insieme a una drappello di esponenti della minoranza (da Silvana Accossato a Domenico Cerabona, da Lucia Centillo a Pierino Crema e Sergio Paganotto) - è arrivato anche quello del lavoratori a rischio reddito zero su cui lunedì scorso Sergio Chiamarino aveva chiesto l’aiuto dei parlamentari. Ieri dei sette interventi che si sono susseguiti dopo l’apertura dei lavori da parte di Roberto Speranza e prima del discorso di Bersani, uno è stato quello dell’assessore al Lavoro della Regione Gianna Pentenero. “Quella che ci troviamo ad affrontare in Piemonte per coloro che rischiano di rimanere senza lavoro e senza ammortizzatori sociali – ha detto – è un’emergenza nazionale che va risolta”. Chiamparino si è rivolto al presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano che dovrebbe incontrare a breve il suo omologo in conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Ma che, nel frattempo, ha già trovato il muro eretto alla sua proposta da Pietro Ichino. L’ennesima faglia interna al Pd, la cui minoranza ribadisce di non pensare neppure lontanamente a una scissione. E intanto accoglie D’Alema, che ieri non ha affatto escluso questa ipotesi. Anzi.