Centrodestra, chi fa da sé fa per tre
20:53 Martedì 19 Aprile 2016 7Coalizione sempre più divisa. Forza Italia a Roma fa melina su Bertolaso mentre a Torino cincischia su Napoli e allunga su Rosso. La Lega difende Morano e i Fratelli d'Italia, in difetto di ossigeno (elettorale), lanciano Marrone. Una disfatta annunciata
Guido Bertolaso esce da Palazzo Grazioli con l’“appoggio incondizionato” di Silvio Berlusconi (auguri!) e il centrodestra che aspira a presentarsi unito agli elettori, non solo a Roma, entra nuovamente in un vicolo cieco. Spazzate via le residue speranze, peraltro alimentate da un rincorrersi di voci durante tutto il giorno, di un passo indietro dell’ex capo della Protezione Civile, anche le sparute colombe azzurre sparse nelle varie città dov’è ancora aperta la questione delle alleanze (di fatto tutte eccetto Milano) hanno dovuto ripiegare le ali. E mani ancora più libere per Matteo Salvini che se non incontra Berlusconi da un paio di settimane, non avrà certo da stasera un motivo in più per farlo. La linea dura del Cavaliere nella Capitale ha come immediata conseguenza un ulteriore raffreddamento di quei già pressoché gelidi rapporti tra il Carroccio e Forza Italia a Torino, per non dire a Novara, rimanendo in Piemonte. Barra ferma sul notaio Alberto Morano, da parte del segretario regionale leghista Riccardo Molinari, così come Forza Italia tiene (barcollando) Osvaldo Napoli a guardia del fortino nel deserto dei Tartari.
E dire che appena poche ore fa il quadro che si annunciava, appariva diverso e non certo per sfumatura ininfluenti. Palazzo Madama, prima mattina: nel conciliabolo del terzetto di esponenti di (periclitanti) alleati ricorre spesso anche il nome di Torino. Altero Matteoli, presidente del tavolo nazionale per le alleanze convocato domani, Giancarlo Giorgetti, sherpa di Salvini nella delicata partita delle candidature, e l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa con i gradi di colonnello mantenuti dai tempi di Gianfranco Fini (quando Maurizio Gasparri era “l’appuntato”) anche sotto il comando di Giorgia Meloni, tutti e tre parlottano a lungo. Una possibile svolta con il passo indietro di Bertolaso è ancora nell’aria. Se ciò accadesse – è il ragionamento mattutino al Senato – e si convergesse a Roma sulla Meloni, a Torino la Lega potrebbe avere un atteggiamento più conciliante. Per qualche istante lo stesso appoggio al “civico” Morano sembra vacillare in nome di una ragion di alleanza romana. Uno scenario che deve però fare i conti con i sondaggi, per quanto sussurrati, che non paiono esaltanti per il sindaco di Valgioie candidato a Torino dal coordinatore azzurro Gilberto Pichetto, o meglio autocandidatosi a forza di perorazioni in ogni dove, partendo dal Parlamento dove è più presente di molti deputati e senatori in carica.
Vuoi per questi timori, vuoi soprattutto per mettere un argine alla Lega nella discussione a tre di stamane spunta pure il nome di Roberto Rosso come alternativa azzurra (pur essendo l’ex sottosegretario ancora formalmente nella direzione nazionale di Ncd) a Napoli. Quella che sembra la trasposizione nella realtà del pesce d’aprile dello Spiffero, è solo l’ennesima mossa in una estenuante trattativa con i toni e i protagonisti della commedia dell’assurdo. E non è solo il nome di Rosso a saltare fuori: La Russa spiega ai suoi interlocutori, soprattutto all’alleato legista, che a Torino si potrebbe puntare su Maurizio Marrone. La ragione è intuibile: candidandolo a sindaco, l’esponente di Fratelli d’Italia avrebbe il posto assicurato in consiglio comunale, cosa che non è affatto scontata correndo sia pure come capolista. Problema questo che per il partito della Meloni sarebbe comunque superabile, sempre a Torino, con liste unite con la Lega. Impossibile: la risposta senza appello del Carroccio. Che quando è sera e arriva la notizia dell’uscita sorridente di Bertolaso da via del Plebiscito, ha una ragione in più per far dire a Molinari che su Morano la Lega non arretra di un centimetro.
Domattina Matteoli riunirà per l’ennesima volta il consesso. Ma se fino a questo pomeriggio era atteso e si intravvedevano spazi per rimescolare non poco le carte – così come era emerso anche dal summit a tre di stamane - e magari portare a soluzioni inedite, ma definitive anche per Torino, l’uscita di Bertolaso da via del Plebiscito ha riportato tutto nel solito tunnel. Dove la luce al fondo si avvicina pericolosa. E non è quella del radioso mattino.