DECADENCE

Venti di scissione in Forza Italia

La ridotta imposta da Berlusconi lacera un partito ormai allo sbando. "Siamo all'8 settembre", ammette un maggiorente guardando sconsolato le macerie del centrodestra. Molti azzurri a Novara e Torino non seguiranno le direttive

Fischia il vento del Nord leghista e infuria la bufera in Forza Italia. “Ormai siamo all’otto settembre” dice, lucido e rassegnato, un notabile azzurro, guardando a quel che ormai è capitato in Piemonte: disuniti alla meta. Meta si fa per dire giacché le speranze di un risultato onorevole a Torino e una possibile vittoria a Novara si infrangono non solo nello strappo ormai irreparabile tra FI da una parte e Lega e Fratelli d’Italia dall’altra, ma nella non meno lacerante divisione che il modello Bertolaso esportato sotto la Mole e la Cupola di San Gaudenzio ha prodotto tra i berluscones.

 

A Novara, il capataz Diego Sozzani non vedeva l’ora di annunciare – come farà oggi formalmente in una conferenza stampa – l’abbraccio al “fuoriuscito” Daniele Andretta e il guanto di sfida all’iniziale candidato del centrodestra unito, il leghista Alessandro Canelli che correrà supportato dai FdI di Gaetano Nastri, ma non solo. E già, perché la mossa di Sozzani – nella quale c’è chi intravvede un’ispirazione verdiniana a favore del piddino Andrea Ballarè – ha avuto come effetto immediato la retromarcia di ben sei candidati della lista di Forza Italia. Moduli stracciati, spalle girate e direzione presa verso una nuova formazione di cui sarà capolista il capogruppo uscente a Palazzo Cabrino Gerardo Murante (ex dopo le defezioni che lo avevano lasciato solo) e che sosterrà da subito Canelli. Valter Mattiuz, Guido Guidotti, Gianluca Bordin, Alessio Tres e Roberto Marini: questi nomi previsti nella lista azzurra, finiranno invece in quella – ancora in attesa di essere battezzata (probabile un evocativo “Forza Novara”) – di Murante.

 

Non meno eclatante è quel che sta capitando a Torino dove nientemeno che il vicepresidente del Consiglio comunale Angelo D’Amico, fedelissimo del consigliere regionale azzurro Gian Luca Vignale, correrà non per Osvaldo Napoli, bensì per il civico Alberto Morano sostenuto da Lega e FdI. “Io resto in Forza Italia, ma non giro le spalle all’alleato leghista, tra l’altro al candidato che è l’unico in grado di mettere in difficoltà Ballarè – ha detto Murante ai suoi – . E resto in Forza Italia, se vogliono che esca, mi caccino”.

 

Insomma, al momento nessuna scissione, né a Novara, né a Torino, ma un partito – o “quel che si dice”, rubando le parole a una canzone di Aznavour – dove ormai pare davvero d’essere allo sbando richiamato dal berluscones citando l’otto settembre. Tutti a casa era il titolo di un film con Sordi, ispirato a quella pagina di storia. Oggi pare un pronostico sempre più probabile per i forzisti in Piemonte. Il cui numero uno, il coordinatore regionale Gilberto Pichetto, con i suoi silenzi e la sua assenza dalla scena – eccetto i soliti caffè a Palazzo Grazioli – in questi momenti tanto complicati quanto determinanti per il futuro del partito rischia di ricordare l’esponente socialdemocratico protagonista di una celebra freddura di Fortebraccio, costruita sulla falsariga di una altrettanto celebre di Churchill su Attlee: si aprì la porta e non entrò nessuno, era Cariglia.

 

Certo, dopo la decisione di Berlusconi di tenere il punto su Bertolaso a Roma, ammantando con la difesa del moderatismo rispetto al radicalismo di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, anche Pichetto oggi può trovare una (debole) sponda cui appoggiare la decisione di Sozzani e la mancata alleanza con la Lega a Torino. Sponda insufficiente, però, ad arginare quelle rischiose prese di distanze evidenziate, per ora, dalla lista di Murante a Novara e la candidatura di D’Amico e probabilmente di altri a Torino, dove un altro personaggio di spicco come la consigliera (ed ex assessore) regionale Claudia Porchietto non pare certo scalpitante per tirare la volata a Napoli, anzi.

 

Se la polemica tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si sposta dal fronte romano a quello nazionale con Berlusconi che difende la linea e traccia gli scenari futuri, Salvini e Meloni che lo criticano e lo accusano di aiutare il premier Renzi, lo sconquasso non può certo celare lo smacco subito da chi al Cavaliere è da tempo vicino (un po’ meno recentemente), ma da questi inascoltato. È il caso del governatore ligure Giovanni Toti che insieme all’europarlamentare piemontese Alberto Cirio aveva predisposto l’operazione Appennino, ovvero l’accordo legando Novara (con l’appoggio a Canelli) a Savona con la Lega pronta a sostenere la candidata dello stesso Toti nella città del Ponente. È finito tutto a mare. E anche questo finirà col pesare sui destini, quanto mai incerti, di Forza Italia.

 

Berlusconi tiene il punto: “Noi non siamo la destra ma un partito moderato, alternativo alla sinistra e alleato con la destra, come lo sono le forze politiche del Ppe più o meno in tutt’Europa. E il centrodestra ha vinto quando ha saputo parlare con il nostro linguaggio agli italiani”. Dura la critica del segretario del Carroccio che mette le mani avanti su possibili accordi con FI per le politiche: “Il centrodestra deve avere un’idea chiara di Italia e di Europa. E quindi Forza Italia deve chiarire se in Europa sta con la Merkel e con la Turchia o se sta con i lavoratori italiani danneggiati da questa Europa”.

 

Le scelte compiute per le amministrative, incominciando da Torino dove Napoli è considerato il miglior candidato di Fassino nel centrodestra (ammiccando agli incarichi dell’ex onorevole Macario in Anci e alla difficilmente immaginabile durezza nei confronti del Lungo in campagna elettorale) e passando per Novara dove Sozzani ha di fatto compromesso la speranza per il centrodestra di poter insidiare la poltrona di Ballarè, o comunque fare una dignitosa figura senza andare in ordine sparso. Soffia il vento del Nord, infuria la bufera in Forza Italia, ma tra la tempesta c’è chi scorge il Nazareno risorto (inteso come patto). O mai morto.