Saitta: “Siamo tutti provinciali”
08:15 Mercoledì 30 Ottobre 2013 2Sulle barricate per difendere l'ente dalla soppressione. Scontro tra giuristi. Gallo: "Corriamo verso un nuovo centralismo ministeriale", Pizzetti: "Non ci si può attaccare alla difesa di una classe politica". A Torino seduta straordinaria del Consiglio
Sull’asse Roma-Torino (passando per Firenze) si consuma quello che potrebbe essere l’ultimo atto del testa a testa tra Governo e Province sulla soppressione – mediante svuotamento – degli enti intermedi. Saranno le tre capitali d’Italia a sancire la morte di uno degli istituti più antichi del nostro ordinamento?
La competizione si consuma in punta di diritto e se da una parte, il presidente dell’Upi Antonio Saitta può contare sull’appello di 44 costituzionalisti che si sono schierati contro la bozza dell’esecutivo, dall’altra il ministro Graziano Delrio e il suo consigliere, il piemontese Franco Pizzetti schierano una ventina di giuristi che escludono profili di incostituzionalità del provvedimento. Un braccio di ferro in cui s’incunea la politica, con il sindaco Piero Fassino, nella veste di presidente Anci, che gioca di sponda con il ministro renziano in attesa di potersi pappare le spoglie di Palazzo Cisterna. Diritto e politica si intrecciano, mentre sullo sfondo il Pd celebra i suoi congressi e Matteo Renzi senza troppi sofismi invita la classe politica delle Province a “cercarsi un mestiere”. I tempi sono strettissimi: il ddl è stato spedito in Commissione con procedura d’urgenza ed entro la prossima settimana dovrebbero chiudersi i lavori. A dicembre il provvedimento è atteso in aula per l’approvazione entro la fine dell’anno. Ma c’è chi denuncia si tratti solo di uno spot che sul piano formale presenta evidenti magagne.
E’ in questo contesto che si svolge oggi a Torino un Consiglio provinciale aperto nel quale Saitta ha invitato il professor Carlo Emanuele Gallo e il collega accademico Mario Dogliani per illustrare i motivi per cui assieme ad altri illustri giuristi hanno chiesto di bloccare lo svuota-province. «Non si può far saltare questo ente con una legge ordinaria. Le province sono previste in Costituzione» afferma Gallo in un colloquio telefonico con Lo Spiffero. Già nel luglio scorso la Consulta dichiarò illegittimo il taglio delle Province contenuto nel “Salva Italia” di Mario Monti: “Non è materia da disciplinare con decreto legge” affermarono i giudici, di qui la scelta di passare dal Parlamento attraverso un ddl che “svuoti” le Province delle loro prerogative, trasformandole in enti di secondo livello, amministrati dai sindaci dei Comuni che ne fanno parte e non da una classe politica eletta. «Le Province come altri enti locali sono espressione di una comunità – prosegue Gallo -. Esistono da oltre un secolo e corrispondono a qualcosa che la gente sente. Non è possibile far sparire un livello di autonomia locale previsto in Costituzione con un tratto di penna». Secondo Gallo «corriamo, sotto il pretesto della razionalizzazione, il rischio di un nuovo centralismo ministeriale».
Un punto di vista che è costato a Gallo e agli altri costituzionalisti l’accusa di “conservatorismo” lanciata proprio dal gran visir di Delrio, Pizzetti, che respinge punto per punto quell’appello e, anzi, ha promosso un testo di contro deduzioni, giunto al ministero sotto forma di parere ufficiale da parte di una ventina di professori – tra cui i torinesi Anna Maria Poggi ed Enrico Grosso – che non ravvisano alcun profilo di incostituzionalità nel disegno di legge.
«Il provvedimento non svuota le Province, ne modifica il ruolo e le funzioni» ribatte Pizzetti. Ma nel coro dei no, Saitta propone anche un ragionamento di merito, tipicamente politico visto che «per tagliare i costi della politica, quantificabili in 30 milioni, si spendono 2 miliardi»; tanto, secondo le stime dell’Upi costa il provvedimento. «I risparmi deriveranno dal miglior funzionamento degli enti territoriali, che usufruiscono nel livello di area vasta di un coordinamento che razionalizzi le spese e le risorse» è la tesi di Pizzetti per il quale è fondamentale che venga istituito un ente di secondo livello, perché «semplificare i modelli della classe eletta non diminuisce la democrazia, ma anzi aumenta l’efficienza. Il nuovo ente dovrà organizzare le risorse rendendole più produttive». Per Pizzetti nasce tutto dalla modifica del titolo V della Costituzione e il trasferimento in capo alle Regioni di enormi poteri e deleghe: «Questo ha compresso il ruolo delle Province, rimasto schiacciato tra regioni e comuni. L’abolizione è un provvedimento che avremmo dovuto adottare 40 anni fa. Siamo in ritardo e di ritardi si muore. Non ci si può attaccare alla difesa di una classe politica».