GLORIE NOSTRANE

La Compagnia tromba Profumo al Cnr

L'ingegnere torinese non torna alla guida dell'ente di ricerca nazionale. Evidentemente non è così renziano come fa sfoggio e ora dovrà "accontentarsi" della presidenza della Fondazione San Paolo. Lasciando Iren in "buone mani", all'ex Fiat Cantarella

C’è Profumo di trombatura dalle parti di piazzale Aldo Moro: la ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha nominato il nuovo presidente del Cnr, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il prescelto è Massimo Inguscio, attuale presidente dell'Inrim (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica), e non Francesco Profumo che tanto anelava a rientrare alla guida dell’istituto dopo essere stato costretto a mollare la poltrona, non poco riluttante, per incompatibilità. È il 13 agosto del 2011, infatti, quando l’allora ministro del governo Berlusconi, Maria Stella Gelmini chiama alla presidenza del Consiglio nazionale delle ricerche l’ingegnere che pochi mesi prima aveva rifiutato la candidatura a sindaco per il centrosinistra a Torino. Ora uno stop che la dice lunga sulle ostentate buone relazioni con il milieu renziano.

 

Un sacrificio, per sgombrare la strada a Piero Fassino, all'epoca disoccupato di lusso da piazzare. Passano appena tre mesi e l’ex Cavaliere deve sloggiare da Palazzo Chigi. Arriva il loden di Mario Monti e nella squadra dei tecnici, il professore per sostituire la Gelmini, chiama proprio Profumo, guarda caso assai sponsorizzato dall’allora segretario Pd Pier Luigi Bersani. Certi sacrifici, a volte, sono davvero ben ricompensati. Solo che Profumo si trova a guidare contemporaneamente il Cnr e il dicastero dal quale è dipesa la sua nomina. Incominciano a fioccare richieste di dimissioni da quella presidenza che lui sostiene di avere congelato delegando tutto al suo vice. La pressione è tanta: lo incalzano i sindacati, ma anche un ex ministro del Pd come Giuseppe Fioroni, in Parlamento si contano interrogazioni sul caso, gli studenti universitari lo contestano a Roma e sul Corriere Gian Antonio Stella scrive che il neoministro ancora presidente “sta pericolosamente rosicchiando la sua credibilità”. Alla fine lascia, ma sa già che verrà ricompensato per questo suo sacrificio con qualche altro incarico.

 

Ed è proprio Fassino a volerlo al vertice di Iren, dove siede tutt'ora, ed è lo stesso sindaco ad averlo incoronato come presidente in pectore della Compagnia di San Paolo, la fondazione-bancomat dei poteri forti (e delle amministrazioni locali targate Pd). Al tapino è chiesto un altro piccolo sacrificio: quello di rinunciare a Iren - mantenendo però la ben remunerata poltrona in Inwitt, gruppo Telecom - perchè nel frattempo il Lungo deve piazzare un altro dei suoi vecchi sodali. Chi? Paolo Cantarella, l'ex manager Fiat, uno dei protagonisti del declino dell'azienda, ma con il quale ha condiviso tante vacanze in barca. Ricordate, Tre uomini in barca e lo zio Podger? Nei prossimi giorni ne scriveremo.